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 2016  settembre 29 Giovedì calendario

La Juventus e Higuain devono ancora conoscersi per bene

La Juventus e Higuain devono ancora conoscersi per bene, lo dice Allegri e lo conferma il Pipita. Ma se la conoscenza finisse per svelare verità sorprendenti, tipo il dubbio dell’incompatibilità? «Siamo solo all’inizio», dice Gonzalo facendo eco al suo allenatore. «Manca ancora tanto, ma a poco a poco andrà meglio». Dopo il colpo di fulmine e il fulmineo matrimonio (con dote da 90 milioni), adesso siamo nella fase in cui si fissano i parametri della convivenza. «Sono qui per aiutare la Juventus a crescere e a vincere», benché sia chiaro che l’incastro perfetto e naturale non esiste e che ci sarà bisogno di qualche adattamento. Che Higuain s’adatti alla Juve, e la Juve a Higuain. Higuain accentra, è come un buco nero che risucchia ogni pallone. Però è pur vero che quei palloni vengono in buona parte risputati sotto forma di gol, e dunque ha un senso scaraventarli nei dintorni di questo centravanti che a Madrid capì di non essere fatto per un ruolo da non protagonista e a Napoli che essere protagonisti in un film di nicchia non è del tutto gratificante.
Qualcosa non va? Qualcosa non va, a quanto sembra. Higuain vuole assist diversi, più adatti a lui. Porta ad esempio quello di Pjanic a Zagabria, il primo del genere in queste settimane bianconere: «Stavolta Miralem mi ha messo una palla di quelle che mi piacciono, seguendo il mio contromovimento». Funziona così: il Pipita finge di andare incontro al pallone per riceverlo spalle alla porta, i difensori centrali lo seguono avanzando e lui li prende in controtempo cambiando all’improvviso direzione e infilandosi tra i due. Pjanic, che degli assist ha fatto un’arte, calibra il lancio dalla trequarti recapitandolo nel momento esatto in cui il centravanti è in linea con gli avversari, tagliandoli fuori dalla possibilità di un anticipo ed evitando di finire in fuorigioco. Ma servono più palloni del genere e finora Higuain, abituato ad avere tre o quattro lanciatori al suo servizio (Insigne, Hamsik, Callejon, Jorginho), ne ha visti pochi. «Dybala lo preferirei più vicino a me», ha rivendicato Gonzalo a Zagabria. Invece il compagno argentino (ieri sono stati convocati in nazionale entrambi) parte spesso anche 20-30 metri fuori dall’area. In Croazia i due non si sono mai scambiati la palla, ma non è un’anomalia: Dybala ha un asse di gioco che punta non al centro dell’area ma più esternamente, lui verso Higuain indirizza semmai il penultimo passaggio perché è bravissimo a sventagliare sulle fasce, allargando il gioco. Oppure, indovina corridoi verticali per l’inserimento della mezzala: in questa stagione ha già messo Khedira quattro volte solo davanti al portiere, segno che la Juve ha alternative di gioco all’appoggio dell’azione sul centravanti. Non è (né può essere) il Napoli dell’anno scorso, che si muoveva in funzione del suo giocatore più forte, con tutti i vantaggi e i limiti del caso. E se da un lato Allegri vuole che i suoi uomini imparino ad assecondare meglio le caratteristiche di Higuain, dall’altro Higuain deve imparare a rinunciare a qualcosa di sé: è il compromesso necessario a una convivenza felice, però non ancora attuato. Il Pipita non ha preso benissimo la panchina di San Siro, e nemmeno le frequenti sostituzioni con Mandzukic (finora, ha giocato per intero due sole partite su otto). E non si può dire che tenga nascosto un filo di disagio. Com’è andare in panchina, Gonzalo? «Sono decisioni del mister». Riuscirai ad abituarti, Gonzalo? «Sono decisioni del mister». Si abituerà, o Allegri dovrà cominciare a decidere diversamente?