La Stampa, 29 settembre 2016
La seconda vita di Ivan Zaytsev è uno show
Ivan l’ex terribile è tornato. La seconda vita di Zaytsev (lui stesso la definisce così) riparte dall’argento olimpico che ha incollato alla tv cinque milioni e mezzo di italiani – «un patrimonio da non buttare» – e da Perugia, dove il fuoriclasse del nostro volley è rientrato per dare l’assalto allo scudetto. Cambiato dai due anni a Mosca, dalla nascita del figlio Sasha, dalla sbornia a cinque cerchi.
Zaytsev, sopravvissuto a tanta popolarità?
«Ho smesso di contare le interviste...».
Rio ha fatto riscoprire il volley al grande pubblico, eppure lei è stato molto critico con la federazione. Cosa farebbe se fosse presidente per un giorno?
«Darei spazio a gente più fresca e giovane, che ci faccia uscire dalla nicchia degli appassionati. Siamo volenterosi di farci conoscere, l’ambiente è più umano rispetto al calcio, siamo i giocatori della porta accanto. Però restiamo isolati».
Ovvero?
«Dal 21 agosto sono stato contattato da tutto e tutti meno che dalla federazione, le pare normale? C’è troppa pigrizia, il volley è secondo per numero di iscritti ma non è supportato dalla tv come merita. Quando andiamo in chiaro sulla Rai i risultati si vedono».
Domenica lei compie 28 anni e inizia il campionato. È di nuovo il più bello del mondo?
«Ci sono tutti i più forti ad eccezione di brasiliani e russi, penso di sì».
Con lei Perugia parte favorita?
«Tanti gufano anche così. Ma sono abbonato all’argento e qui vorrei aprire un ciclo vincente anche per me stesso».
Le piacciono basket e tennis. Odia invece il calcio?
«Tifo Roma distrattamente».
Quale calciatore vorrebbe essere?
«Non vorrei essere un calciatore».
Ha detto che giocherà fino a 41 anni, uno in più di Totti.
«Fino a quando avrò il fisico».
Poi si vede come politico sportivo?
«Sono stato educato a dire sempre quello che penso e quelli come me di solito non vanno lontano. Piuttosto aprirei uno stabilimento balneare, magari un ristorantino sulla spiaggia. Amo il mare».
Se non fosse un fenomeno del volley chi sarebbe?
«Forse un cuoco».
Vuol dire che, oltre a sfornare ace da 127 km all’ora, a casa cucina lei?
«Ora ho meno tempo, ma mi riusciva bene: specializzato nei primi di pesce».
La ricetta Zaytsev?
«Linguine al ragù di pesce spada».
Rispetto alla sua prima esperienza a Perugia sembra un altro. C’è qualche cosa che non rifarebbe di quelle che le valsero l’etichetta di «Balotelli del volley»?
«Rifarei tutto, gli errori mi hanno aiutato a crescere».
Anche comprare un Rolex da 4 mila euro con il primo stipendio?
«O acquistare una macchina da 50 mila spendendo tutto l’ingaggio di una stagione. A 19 anni ho fatto anche quello».
Com’è stato crescere all’ombra di papà Vjaceslav, regista dell’Urss oro a Mosca 1980?
«Forse tanti errori sono stati fatti anche per la pressione di essere “figlio di”, quando giocavo nel suo stesso ruolo. Dover essere forte a tutti i costi mi ha fatto uscire dal binario giusto, diventare schiacciatore è stato come rinascere. Come vivere due volte».
Lei ha detto di aver ricevuto un’educazione sovietica: quando suo padre ha visto la cresta cosa ha detto?
«Nulla. Nemmeno per orecchini e tatuaggi».
Per cosa se la taglierebbe?
«Ma non è che ci tenga poi così tanto... Per una bella vittoria, lo scudetto con Perugia».
Eppure l’ha mantenuta perché ormai fa parte del personaggio («Anche mio figlio mi riconosce dai capelli»), come i tre tatuaggi: sul petto ha scritto «my life, my rules». Quali sono le sue regole?
«L’ho fatto quando ho tagliato con il passato, c’è una rondine con la testa di passerotto, la testa che non avevo sulle spalle. Gli altri hanno un significato più personale».
Il prossimo sarà dedicato all’argento di Rio?
«Può essere ma non ne ho ancora sentito il bisogno».
Nella sua seconda vita c’è anche la famiglia. Com’è per una rockstar della rete fare il papà?
«Quale rockstar?».
L’hanno spesso dipinta così.
«Mai stato un cattivo ragazzo. Sasha è uno spettacolo, mi fa dimenticare tutto quello che non è noi. Chissà che presto non arrivi un fratellino o una sorellina».
Sua moglie Ashling tra le altre cose ha fatto anche la modella: ora che fa i conti con la celebrità, è diventato lei il modello di casa?
«In effetti sì... Mi sento un po’ in colpa».
Come la definirebbe?
«La metà perfetta che completa la mela».
Come si è trovato alla Dinamo Mosca?
«Mi mancava l’Italia. Abbiamo tanti problemi ma da nessuna parte si sta bene come nel nostro Paese».
Meglio un rosso di Montefalco o una vodka?
«Montefalco. Anche perché i superalcolici non mi piacciono».
Tra Putin e Renzi chi si prende?
«Oddio… Devo proprio rispondere?».
Può anche passare.
«Allora passo».