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 2016  settembre 28 Mercoledì calendario

Vincerà Trump, è una questione di statistica. Qui lo spiega il prof. Norpoth

«Lo dicono i numeri: vincerà Trump. È una questione di statistica. Che, lo dico senza nessun coinvolgimento ideologico, nel 2016 va dalla parte del candidato repubblicano». Helmut Norpoth insegna Scienze del comportamento politico all’Università di Stony Brook (New York). Il suo Primary Model, il modello statistico he ha elaborato con i suoi studenti, non è l’unico che assegna la vittoria a Trump: ma è quello che gli attribuisce il margine più ampio. «Confermo. Secondo i miei calcoli The Donald ha l’87 per cento di possibilità di diventare il prossimo presidente degli Stati Uniti».
Ne è convinto anche all’indomani del dibattito.
«Ho fede ne mio modello. Si basa sullo studio di 100 anni di elezioni a partire dal 1912, lo applico dal 1996 e per le scorse cinque elezioni ha funzionato. È vero, Hillary è andata meglio. Ma una cattiva performance al primo dibattito non vuol dire essere già sconfitti. Ricordate Obama nel 2012 con Romney? Il primo andò male: vinse lo stesso le elezioni. In favore della mia previsione, invece, ci sono diversi fattori statistici concreti».
Ce li può spiegare?
«Si basa su due fattori: i numeri di voti ottenuti alle primarie iniziali, da sempre importanti per capire come vanno le cose alle presidenziali di novembre: Trump, che aveva più rivali di Hillary, è andato meglio. E poi c’è l’electoral pendolum, quel pendolo elettorale che questa volta propende per i repubblicani».
Questione d’alternanza? Ci sono casi in cui il pendolo è stato smentito…
«In genere non è difficile che il partito già alla Casa Bianca vinca un secondo termine. Ma ottenere il terzo è sempre stato più complesso, e finora molto ha sempre dipeso da come veniva vinto il secondo mandato. Per fare un esempio concreto, Reagan sconfisse Carter nel 1980 superandolo di circa 10 punti e trionfò alle elezioni del 1984. Questo giocò a favore di George H.W. Bush nel 1988. Ma Obama nel 2012, pur rieletto, vinse con un margine dimezzato rispetto al 2008. E questa, per Hillary, è una pessima notizia».
E se il modello, questa volta, fallisse?
«Il fattore emotivo può cambiare fino all’ultimo le cose. Ma se pure Hillary dovesse vincere, non penserò che è il mio modello statistico sbagliato. Semmai che queste sono elezioni speciali: un candidato come Trump suscita sentimenti estremi».