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 2016  settembre 27 Martedì calendario

Saranno gli sceicchi del Qatar a salvare Mps?

Saranno davvero i fondi del Qatar gli investitori àncora di Mps? Se sì, c’è da sperare che la tecnica diverga da quella usata da Qatar Holding (controllata dal locale fondo sovrano) e da Challenger, forziere dell’emiro Al Thani, quando nel 2008 con 4,5 miliardi di sterline evitarono la nazionalizzazione di Barclays.
Due autorità britanniche – Fca e Serious Fraud Office – hanno indagato quell’operazione, con il sospetto che la banca britannica abbia finanziato i compratori con un’ardita architettura che ricorda quella dei derivati Alexandria in Mps. L’inchiesta, in chiusura, ipotizza che quel rischio azionario non sia finito sul Qatar, ma su Barclays: che con un pronti- termine ricomprò le sue azioni, versando agli arabi cedole a tasso fisso. Gran regista della giocata fu Roger Jenkins, ex capo di Barclays per il Medio Oriente, banchiere che allora furoreggiava guadagnando anche 40 milioni l’anno. Ma a metà 2009 Jenkins lasciò Barclays, come molti colleghi travolto dal tonfo reputazionale di un istituto tra i meno amati a Londra. Dal 2011 però Jenkins è partner di Btg Pactual, banca brasiliana che nel 2014 è salita al 2,5% di Mps (quota poi liquidata). Proprio il nuovo network di Jenkins si dice lo abbia portato, tramite i vertici della Cassa depositi, a proporre un bis di quella struttura servita a Barclays nel 2008. Ma stavolta a dover triangolare il rischio sembra chiamata la Cassa depositi, già attiva nel salvataggio di Mps per mezzo del fondo Atlante. Lo schema, si apprende, prevederebbe l’acquisto di circa un miliardo di euro in azioni Mps, poi date in collaterale a Cdp che oltre a pagare il prestito titoli e un tasso fisso al Qatar s’intesterebbe i rischi di ribasso (o rialzo) del pacchetto. Uno schema fiscale, in cui Cdp dedurrebbe dall’imponibile le cedole fisse, e il Qatar sarebbe investito in “bond” a fiscalità ancor più bassa. Fonti finanziarie rivelano che un mese fa, quando lo schema fu prospettato al Tesoro, l’accoglienza fu fredda; tuttavia la scarsità di alternative, mentre il tempo passa e il mercato peggiora, potrebbe rinverdirlo, magari con qualche modifica.
Ieri intanto il primo cda a Siena guidato da Marco Morelli ha deciso che il piano industriale si approverà il 24 ottobre, e l’assemblea di voto dell’aumento fino a 5 miliardi sarà «entro fine novembre». Mese in dovrebbe tenersi anche «la conversione volontaria dei subordinati» ieri ufficializzata con modi «in fase di studio». Il rinvio del piano rende quasi impossibile ricapitalizzare nel 2016, subito dopo il referendum sul Senato al voto il 4 dicembre.