La Stampa, 26 settembre 2016
Gregorio Paltrinieri cambia vita
Il jeans arrotolato, la barba lunga, Jay-Z nello smart phone, Gregorio Paltrinieri esce dall’estate che gli ha consegnato l’oro olimpico nei 1500 metri e si tuffa in un’altra stagione. Pensava di voler cambiare ritmo, invece no e non solo per il rap che lo accompagna in acqua: «Voglio vincere ancora e subito».
A Rio si è chiusa la prima parte della sua carriera, quella passata a costruire l’oro. Ora che succede?
«È stata una rincorsa molto sofferta, volevo davvero raggiungere questi risultati e soprattutto nell’ultimo periodo era un’ossessione. Magari è brutto dirlo, ma ora che Olimpiadi, Mondiali ed Europei sono vinti, il peso me lo sono tolto. Solo che non mi sento affatto sazio e al contrario delle previsioni non ho alcuna necessita di rallentare».
Quindi cosa è cambiato?
«So che ho fatto tanto e che valgo tanto. Inseguo altri ori olimpici, stavolta senza più ansie: se dovesse di colpo girare tutto storto non resterei a mani vuote comunque. Qualcosa c’è. Poi so già che la gente aspetta il record del mondo...».
Veramente è proprio lei che lo nomina spesso.
«Perché manca all’appello e appena sarò in forma ci proverò seriamente. Anche se un primato puoi gustarlo, non puoi mettertelo in tasca».
Voleva visitare altri mondi, staccare e prepara già il Mondiale di dicembre, in vasca corta. È l’oro che crea dipendenza?
«Non voglio stravolgere la programmazione proprio adesso che tutti guardano e sfidano me. La vasca corta è una tappa, ma al Mondiale di luglio voglio arrivarci al meglio. E stare davanti».
Bene, quindi ancora Ostia. Perfetto per il nuoto, ma la dimensione college non le andrà stretta adesso?
«Qualcosa bisogna cambiare, fuori dall’acqua soprattutto. Mi piacerebbe riprendere seriamente l’Università. Mi sono iscritto a scienze politiche nel 2015, indirizzo relazioni internazionali, e ancora non ho dato un esame. E poi penso di lasciare la foresteria e prendere un appartamento mio e di tornare più spesso a casa, a Carpi. Non ho più 12 anni, il mio tecnico si fida di me».
Archiviata la voglia di estero?
«No, nel 2018 ci sono solo gli Europei e l’idea di farmi un anno in Australia mi intriga sempre».
A proposito come è andata la sua vacanza con il rivale Mack Horton?
«Abbiamo provato a non sfidarci... non ci siamo riusciti. Per una settimana abbiamo retto, poi abbiamo preso a stuzzicarci e alla fine, a Capri, gara sui 200 metri. Mi ha stracciato. So che sarà fra i miei avversari più tosti».
Lui in Brasile è stato uno degli atleti attivisti. In prima linea contro il doping.
«Ne abbiamo parlato, io sono d’accordo sul tema ma schierarsi contro una persona sola, come ha fatto lui con Sun Yang, è discutibile. La battaglia è giusta, secondo me ha sbagliato il modo. E gliel’ho detto»
Lei non si esporrebbe così?
«Penso che al secondo sgarro, anche minimo, non ci dovrebbe proprio più essere storia. Tipo la Efimova: si è lamentata per i fischi di Rio, ma se guardi la sua storia non le puoi proprio più credere».
Che effetto fa sapere delle esenzioni per motivi di salute uscite dai file hackerati?
«Bisogna fidarsi altrimenti è finita. Non mentirò: davanti a certi motivazioni per i medicinali qualche dubbio viene, però esiste la Wada, l’organo di controllo, e devo credere che faccia tutto al meglio. Altrimenti si lascia spazio alla paranoia».
Le Olimpiadi però dimostrano che il confine della tolleranza degli atleti si è spostato.
«Sì, molti discorsi, toni forti, accuse esplicite. Io vorrei passare alla fase due: spiegare ai giovani che non ne vale la pena. Se è l’era dell’attivismo questo è il mio messaggio: è patetico vivere di agonismo e poi barare».
Negli Usa le star della Nfl si inginocchiano durante l’inno per protestare contro il razzismo. Approva?
«Kaepernick ha fatto bene perché in America il problema è davvero sentito. La prova è che molti lo hanno imitato e tanti personaggi famosi hanno amplificato la sua protesta. Ha coinvolto e diffuso un’idea».
Si immagina una causa da portare avanti così?
«Noi sportivi ci facciamo idee sui problemi del mondo, non viviamo di allenamenti e basta. Il punto è non reagire a sproposito. Se ci fosse una campagna che mi tocca da vicino, un tema su cui posso dire qualcosa, allora non escludo di farmi coinvolgere».
Roma si dovrà ritirare dalla corsa per i Giochi del 2024.
«Decisione che ho vissuto malissimo: è un no senza senso, non si può privare gli italiani di una occasione così. E alla faccia della denuncia agli sprechi, sono stati spesi anche tanti soldi per questo progetto che ora sarà buttato al vento. Ci voleva almeno un referendum».
Il sindaco di Roma sostiene che la sua elezione fosse già un giudizio popolare contrario ai Giochi. Il no era nel programma.
«Il no è solo politica. Sono Cinque Stelle e hanno fatto del no un manifesto. Il Foro Italico è la piscina più bella del mondo, gli stranieri fanno la fila ogni anno per nuotare al Settecolli, è lì, pronta, un orgoglio, ma no. Una scelta deprimente e non parlo da sportivo, parlo da italiano».
In che senso?
«La nostra credibilità è stata messa in discussione. Nel 2020 no perché eravamo in crisi, ora no perché tanto si ruba. Invece di dimostrare di non essere così, diciamo che non possiamo essere diversi».