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 2016  settembre 24 Sabato calendario

Ad Aleppo, sotto le bombe

«Quattro dei nostri colleghi sono morti. Uno è ancora in gravi condizioni». Ahmad Dbais, direttore operativo di Uossm, organizzazione per il soccorso medico in Siria, era ad Aleppo quando sono ricominciati i raid dopo la fine della tregua. «Ci hanno scaricato addosso di tutto, in cinque anni non abbiamo mai visto una furia simile», spiega al Corriere via telefono.
La clinica di Uossm, nel sobborgo di Khan Tuman, a sud- ovest della città, è stata colpita nella notte di mercoledì. Da allora la carneficina non si è mai fermata. Il regime di Damasco, dopo aver annunciato la nuova offensiva, ha mantenuto la parola e con l’aiuto di Mosca ha ripreso a bombardare senza sosta la città. Solo nella giornata di ieri sono stati 91 i morti. «Ormai i soccorritori non riescono nemmeno a recuperare tutti i corpi», continua Dbais mentre tenta di rientrare nei quartieri più colpiti per raggiungere i suoi colleghi. Oltre 30 i raid, secondo l’Osservatorio per i diritti umani, 100 in totale da giovedì, più di 150 per Al Jazeera. Particolarmente colpita la zona ovest di Bashqateen, dove una famiglia di 15 persone è stata interamente spazzata via, compresi 6 bambini.
Le immagini postate in Rete dall’Aleppo Media Center mostrano più di 40 edifici colpiti, ma soprattutto testimoniano il lavoro dei soccorritori che, senza sosta, scavano nella polvere e tra i detriti per cercare di recuperare donne, bambini, anziani. Anche tre dei quattro centri degli Elmetti bianchi, gli operatori della difesa civile, sono stati presi di mira. Un’autoambulanza —una delle poche rimaste— è finita in mille pezzi.
«I bombardamenti sono violentissimi, usano di tutto: dalle bombe a grappolo (vietate dalle convenzioni internazionali, ndr ), passando per i barrel bomb (i barili bomba) fino al fosforo bianco», dice ancora Dbais. Parole che confermano le accuse mosse al regime e al governo russo di star impiegando ogni tipo di arma contro la popolazione civile.
E mentre Aleppo conta i morti, circola l’ipotesi di un intervento di terra delle truppe di Damasco nei quartieri della città controllati dai ribelli. Soldati di Assad casa per casa dunque? «Dipende dal risultato di questi raid», hanno spiegato fonti militari di Damasco alla France Presse. Mosca, d’altro canto, secondo fonti citate dal Guardian nega questa opzione. Ma al di là delle speculazioni è evidente come per Assad l’obiettivo sia portare a termine la battaglia di Aleppo iniziata in agosto e mettere in ginocchio l’opposizione per salvare se stesso.
«Al momento, tutte le vie di accesso alla città sono bloccate, compresa la Castello Road (la strada che permette ai ribelli di rifornire i loro quartieri, ndr)», conclude Dbais. Difficile dunque prestare aiuto ai feriti. «Abbiamo 24 automobili con cui ci spostiamo per la città ma è sempre più complicato farle entrare». Da più di tre settimane ormai non arrivano aiuti umanitari. Secondo le stime, sono 250 mila le persone che necessitano di cibo, acqua, farmaci. Ma il raid che ha colpito il convoglio della Mezzaluna Rossa lunedì ha tolto ogni speranza.
Sul fronte diplomatico, il segretario di Stato Usa John Kerry, dopo un nuovo incontro a New York a margine dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, con la controparte russa, il ministro Sergei Lavrov, ha parlato di un «piccolo progresso» nei colloqui e di «alcune rispettive idee, che stiamo valutando in modo costruttivo». Uno spiraglio davvero stretto. Mentre l’inviato speciale delle Nazioni Unite, Staffan de Mistura, ha definito l’ultima riunione del Gruppo di Supporto sulla Siria «lunga, difficile e deludente».