Avvenire, 25 settembre 2016
I sessant’anni di Pablito Rossi, bomber senza eredi
Da oggi Paolo Rossi ha più di sessant’anni e sarà per l’equinozio d’autunno appena trascorso, la patina di nostalgia è un po’ più spessa. Per quelli che c’erano, per quelli che ricordano il gol al tempo di Pablito, e che adesso, attempati a loro volta, buttano l’occhio verso schermi televisivi o in stadi semivuoti e poco o nulla trovano che somigli a quel sapore, a quella figura. Con Inzaghi, Pippo beninteso, si è per il momento esaurita la vena d’oro del rapace da area di rigore, pochi muscoli, no superpotenza, ma un iperistinto sì, quel riflesso più rapido di quel mezzo secondo che si convertiva in numeri alti in classifica cannonieri, reti più pesanti di chi le realizzava. Rossi è tornato a mancare, al campionato e ovviamente alla Nazionale, appesa a centravanti di necessità virtù, tutti quanti simili nelle caratteristiche fisiche e tecniche, nel fisico, ahinoi nei limiti. E pensare che al tempo di Pablito, appunto, il materiale era variegato, prezioso, tanto da riuscire a emergere anche in presenza di tanto asso, di tanto personaggio. Roberto Pruzzo, testa baffi e fianchi bassi in grado di aprire e sfiancare qualsiasi difesa, tranne quella granitica di Enzo Bearzot, che mai gli aprì le porte del suo gruppo di ragazzi; Alessandro Altobelli, che talvolta veniva fischiato dagli interisti in giornate che sembravano promettere male: poi la metteva, sfruttando quelle lunghissime leve terminate da piedi estremamente precisi, e la pace soffiava su San Siro. E infine Bruno Giordano, bruciato dell’incendio scommesse che ha ustionato – per fortuna non in maniera letale – anche Rossi. I due, in buona sostanza, non si sono mai incrociati sul serio, in azzurro. Perché sono in tanti, e con buone ragioni, a ritenere che l’accoppiata tra i due ragazzi del ’56 (eh sì, sono 60 anche per il partner mancato) sarebbe stata una delle cose da ricordare della lunga e per molti lati piacevole storia delle maglie azzurre. Fate caso, nessuno di questi è rimasto in campo, o dietro scrivanie di legno pregiato. Molta tv per tutti, qualche panchina per Pruzzo e Giordano. Rossi ha un agriturismo in Toscana, si occupa di immobili, ha due figlie ancora in fiore da crescere, parla poco e bene a Mediaset di Champions League. Giusto per mostrare quel volto e quel sorriso che non è cambiato, non cambia, sa di fregatura al tempo. Ma non alla nostalgia, quella no.