Corriere della Sera, 23 settembre 2016
Bill dice di aver aiutato 435 milioni di persone in 180 Paesi. Forse esagera, ma la sua Clinton Initiative è un modello
Commosso per la fine di un altro importante capitolo della sua vita pubblica, orgoglioso per le cose fatte, ferito dalle critiche ricevute, un Bill Clinton sempre più magro e fragile l’altra sera ha dichiarato con un filo di voce che la stagione della sua Global Initiative è, di fatto, conclusa: l’impresa filantropica che da 12 anni convoglia risorse e progetti di assistenza verso i Paesi più poveri del mondo verrà in buona parte smantellata. Non raccoglierà più fondi all’estero, soprattutto se la moglie Hillary diventerà presidente. E comunque non ci sarà più il forum organizzato ogni anno a New York in parallelo con l’assemblea Onu per fare un bilancio dell’attività svolta e spingere i donatori a prendere nuovi impegni. L’edizione 2016 di questa specie di Davos americana diventata anche una passerella di leader politici mondiali, capi di grandi multinazionali e stelle dello spettacolo, sarà l’ultima.
Troppe le accuse di conflitti d’interesse caduti su sua moglie Hillary da quando è candidata alla Casa Bianca, troppe le critiche per aver accettato donazioni anche da leader di Paesi con regimi dittatoriali. O da capi di aziende sotto accusa per lo scarso rispetto dell’ambiente e dei diritti dei lavoratori che cercano di restaurare la loro immagine con la beneficenza. Una fine forse inevitabile: da quando già l’anno scorso era iniziato il tiro incrociato su alcuni aspetti discutibili della sua attività, la Clinton Initiative aveva perso buona parte del suo lustro. Ed era stata disertata da Obama, da gran parte dei leader stranieri e da molte star che per anni avevano accolto con entusiasmo gli inviti di Bill. Che sicuramente ha commesso errori e ha dato a volte, con Hillary, la sensazione di mescolare beneficenza, politica e affari.
Ma la sua Iniziativa ha comunque diretto verso le aree più povere del mondo decine di miliardi di investimenti per combattere l’Aids, aiutare le donne, scavare pozzi nelle zone colpite dalla siccità, modernizzare l’agricoltura. L’ex presidente ieri ha rivendicato di aver aiutato 435 milioni di persone in 180 Paesi. Forse esagera, ma la Clinton Initiative è stato sicuramente un modello, un fattore di modernizzazione della cultura della filantropia in un mondo degli aiuti umanitari nel quale le buone intenzioni prive di un «background» di capacità imprenditoriali spesso si traducono in gestione burocratica e donazioni che servono in gran parte a coprire spese amministrative.