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 2016  settembre 23 Venerdì calendario

Quant’è spassoso lo scisma dell’editoria italiana

Gli intellettuali tutti a Torino, i mercanti tutti a Milano? Clima einaudiano lungo il Po, mondadoriano sui Navigli? Il ministro della Cultura che inaugura Torino, il presidente di Confcommercio che taglia il nastro a Milano? Le prof di sinistra e le madamine socialmente impegnate tutte a Torino a sentire don Ciotti e la Maraini, le olgettine in tubino nero tutte a Milano al firma-copie della Canalis? E come ci si veste, come ci si veste, giacca stazzonata e occhialini alla Gramsci a Torino, Armani e Rayban a Milano? Ti faranno entrare, a Torino con il tubino e a Milano vestito alla mano? E gli scrittori, con che faccia diranno sì a uno e no a quell’altro? Fortunata Elena Ferrante, che nessuno sa chi è e dunque potrà girare tranquillissima/o sia a Milano sia a Torino (o starsene a casa sua). Lo scisma dell’editoria italiana, nato come goffo errore di un settore assediato dalla crisi, sta diventando spassoso. Il Salone di Torino, che pure non è mai stato un cenacolo ma una fierona con code per gli autografi e caciare di bambini, minaccia di passarsela come nuova Bloomsbury. Milano, che sarà una sfilata di stand e dibattiti esattamente com’è da trent’anni Torino, rischia di nascere con le stimmate del bazar pacchiano, una cosa volgare dove si parla solo di quattrini. Il tempio da una parte, i mercanti dall’altra: con questi chiari di luna?