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 2016  settembre 22 Giovedì calendario

Tokyo si è rassegnata al tasso zero forever

Un giorno la chiameremo Generazione Giappone? I più giovani, non solo nel Paese del Sol Levante ma anche in Occidente, avranno conosciuto per un bel pezzo della loro vita un mondo a tasso zero. Come se il risparmio non dovesse mai rendere nulla. Come se l’inflazione fosse un fenomeno esotico, da Paesi emergenti, o un ricordo tramandato dai nonni. Generazione Giappone, perché è a Tokyo che l’esperimento della politica monetaria raggiunge le punte più estreme: tasso zero “forever”.
E non è rassicurante. Le banche centrali manipolano i mercati con un obiettivo urgente: rilanciare crescita e l’occupazione. L’obiettivo però non viene raggiunto né in Giappone né in Europa. L’unica certezza è che i mercati sono falsati, il risparmio non rende nulla, i fondi pensione sono in crisi. Senza l’ombra di una ripresa dei consumi, della fiducia e degli investimenti, resta solo un numero impresso su tutto. Lo zero, appunto.
Nella gara tra i moderni apprendisti stregoni che sono i banchieri centrali, ieri un punto lo ha segnato la Banca del Giappone, creando stupore e sensazione. Lo ha fatto aggiungendo un’altra arma all’arsenale di strumenti non convenzionali, che si arricchisce di mese in mese. Ieri la banca centrale di quella che resta la terza nazione più ricca del pianeta ha annunciato che agirà per inchiodare a zero il rendimento dei titoli pubblici decennali.
Il Giappone è il grande malato delle economie sviluppate, la sua crisi cominciò 18 anni prima delle altre, con il crac del 1989 che sgonfiò le bolle speculative della Borsa di Tokyo e del mercato immobiliare. Ci sono ormai biblioteche di studi sulla depressione nipponica, che il Nobel Paul Krugman consiglia agli europei di studiare da vicino. Ma anche nella politica monetaria “estrema” applicata da Tokyo ci sono lezioni utili. Con i tassi negativi la banca centrale di fatto sta pagando le banche commerciali purché facciano credito a qualcuno, ma se “il cavallo non beve” non lo si può costringere. Altra similitudine è con la corda: spingerla non puoi.
Il mercato dei bond in yen è immensamente liquido, vi si muovono migliaia di miliardi. E oggi che cosa ci dice? Che gli investitori istituzionali, compagnie assicurative e fondi pensione, accettano di comprare titoli con rendimento zero “a perdita d’occhio”, proiettati su un orizzonte di lunghissimo termine. È un segno di disperazione, e non soltanto in Giappone. Certi tassi ultra-minimi che gli investitori oggi accettano su titoli pubblici decennali ventennali e trentennali, non solo nipponici ma anche europei e perfino americani, equivalgono implicitamente alla previsione che non ci sarà una vera e vigorosa ripresa per un’intera generazione. Se ci fosse in vista una ripresa – robusta e “classica” – tornerebbe l’inflazione e quindi la necessità di compensare il risparmio dall’erosione del suo valore monetario. I mercati possono sbagliare, e in questo caso la loro capacità previsionale è manipolata in modo frenetico dall’azione delle banche centrali. Ci si potrebbe perfino chiedere se abbia ancora un senso chiamarli “mercati” quando dal lato della domanda e dal lato dell’offerta i due attori più grossi sono lo Stato (Tesoro) e lo Stato (banca centrale). C’è un solo precedente di una misura analoga a quella varata ieri a Tokyo, fu quando nell’immediato Dopoguerra gli Stati Uniti manipolarono i tassi per schiacciarli al ribasso e ridurre il costo del rimborso dei debiti contratti nel 1941-1945 per finanziare lo sforzo bellico. Ma almeno quella volta durò poco, e arrivò il boom.