Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  settembre 21 Mercoledì calendario

Se per donare il sangue devi dire quanti amanti hai

Pubblichiamo su Facebook quel che mangiamo, raccontiamo di tutto, perfino quando starnutiamo. Diciamo dove e quanto siamo stati in vacanza, con chi abbiamo fatto serata, quanto abbiamo bevuto. Ma se andiamo a fare il test per donare il sangue, proprio non ci piace farci passare ai raggi X. Non importa se quei fogli sono tutelati da privacy. Sentirci porre certe domande dà fastidio: va bene rispondere sì o no al questionario che ci chiede se abbiamo malattie infettive o abusiamo di alcol e droga, lo diciamo ai social network, figuriamoci se abbiamo problemi davanti a un dottore dell’Avis. Ma a un certo punto del test viene chiesto quante volte abbiamo avuto rapporti extra coniugali negli ultimi quattro mesi. Quanti etero, quanti omosessuali, quanti orali e quanti anali. I medici vogliono anche sapere se abbiamo cambiato partner. O se abbiamo fatto sesso con scambio di denaro o droga. Un po’ troppo anche per noi, generazione abituata a confessarsi davanti alle telecamere in prima serata e a farsi selfie perfino tra le lenzuola.
Il nuovo questionario Avis, aggiornato con domande dettagliatissime (per decreto ministeriale) dallo scorso novembre, ha solleticato i dubbi della Lega Nord che, a breve, presenterà una mozione in Regione Lombardia per chiederne una revisione. Due le questioni sollevate dai leghisti (e da una buona fetta di donatori): un test del genere rischia di scoraggiare l’arruolamento di nuovi volontari e di lasciare a secco la raccolta di sacche. E poi certi dettagli personali vengono giudicati «non pertinenti». Soprattutto se si considera che, al di là delle risposte, il sangue donato va comunque analizzato e il «certificato di qualità» arriva dal laboratorio: con una certezza sicuramente più scientifica rispetto a quella del test. Lo scopo delle domande «un po’ morbose» è ovviamente quello di scovare le zone d’ombra e capire se qualche virus, Aids in testa, può essere in fase di incubazione. Ma chi fa un gesto di altruismo si sente messo in croce. Nemmeno fosse stato «taggato» su Facebook con l’elenco delle sue risposte in allegato.