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 2016  settembre 21 Mercoledì calendario

Vittorio e Nico Malingri, il padre e il figlio che con il catamarano hanno battuto il record di velocità sulla rotta Marsiglia-Tunisi

Padre e figlio di una generazione unconventional e complicata: lui, il genitore, Vittorio Malingri di Bagnolo, 55 anni e 4 figli da tre compagne diverse, l’altro, l’erede velico, Nico, 25 anni, e tre giri del mondo a vela nel suo zaino. Vittorio, milanese, ha il suo quartier generale a Gubbio e vive in barca in Grecia facendo scuola di navigazione: è una roccia della vela italiana, costruttore dei Moana, precursore delle lunghe competizioni oceaniche senza scalo, maestro dell’andar per mare libertario, ma anche molto social, e un paio di naufragi in gioventù, tra Cuba e la Polinesia, nel suo carnet di rotte ruggenti e urlanti.
Il “piccolo” Nico appare molto diverso: è cresciuto alle porte della Capitale, metodico, ordinato e molto tecno ma da quando aveva 18 anni ha deciso che la sua vita sarebbe stata altro, cavalca l’Atlantico tra i Caraibi e Lisbona al comando di una barca. Figli e nipoti di una tribù del mare che ha cresciuto generazioni di velisti, con il papà di Vittorio, Franco, che partiva per le Azzorre su un trimarano autocostruito, spariva per mesi e poi inviava in famiglia laconici cablo così: “Arrivato bene, Saluti, Franco” e portava a spasso negli oceani gli amichetti dei figli come il “Tanni” Giovanni Soldini. O lo zio Dionigi, Doi, un Moitessier italiano, che a trent’anni prese una decisione: «Piegai per bene il mio abito da giovane manager e lo chiusi per sempre in una scatola», regatò un pò ovunque e inventò gli eccentrici gommoni volanti. Una Dinasty del mare, così scriveva Carlo Marincovich, che avrebbe continuato a far parlare di sè. Vittorio e Nico, che tra loro si chiamano “il vecchio” e “il nano”, sono partiti dalle coste francesi ai primi di agosto su un barchino di sei metri, non un comodo uno yacht transoceanico, un piccolo catamarano da velocità lungo quanto un pattino, senza riparo, senza null’altro che fosse finalizzato alla corsa, a caccia del record Marsiglia-Tunisi dei francesi Bourgnon-Lagarriegue. E lo hanno sbriciolato. Dalle 53 ore e 52 minuti del vecchio palmares, i due italiani sul loro “Feel Good”, sponsorizzato dalla Citroen, hanno chiuso in 42 ore e 54 minuti, quasi 11 ore sotto, una media di 12 miglia l’ora, che sul mare è un piccolo missile planante. Pochi giorni fa il record è stato ufficializzato e si è brindato a Roma con gli amici di sempre, prima che le rotte di distanziassero nuovamente.
«Come è stato? Come un idrante che ti spara addosso due giorni di fila», racconta Vittorio. «Papà è tosto, non ha mollato un secondo. Giusto una mezz’oretta che si è appisolato, avvolto in una vela bagnata per non cadere giù…», dice Nico, con l’occhiolino al genitore. «Siamo partiti da Marsiglia con le previsioni meteo perfette, bufera di mistral che ci spingeva da dietro, 40 nodi di vento e mare che saliva». Tempo infernale per i terrestri. E poi? «Beh, non immaginavo che fosse così dura. Via via che ci allontanavamo verso la Sardegna le onde montavano come nell’Atlantico del nord, quando è arrabbiato sul serio, quattro metri e mezzo di acqua che ti si rovesciano addosso, tu piccolo piccolo su una robetta di sei metri che correva più veloce delle onde che si frangevano. Di notte? Avevamo i visori, dovevi prendere bene il mare, scegliere dove andare a planare su quelle montagne d’acqua, sbagliavi di un niente ed erano cavoli…».
Ma se il mare lo governavano con sapienza, complicato è stato fare i punti nave, capire con gli strumenti elettronici in che luogo del Mediterraneo fossero e quali le previsioni meteo. Di notte, con balzi tipo funambolo, protetto solo dalla muta stagna. «Immagina di dover prendere lo smartphone dentro una lavatrice e digitare i tasti per collegarti ai siti che ti servono. Un casino. Adesso mi inventerò qualcosa per leggere i tablet in mare, in mezzo alle tempeste», promette Vittorio. «Nico su meteo e rotta è un grande, ma un’occhiata in più ci sta tutta. Insomma, ci siamo dovuti ridossare sotto la Sardegna, e giù a spingere tasti bagnati, comunicare al volo con i nostri per dire tutto ok e, soprattutto, scoprire che eravamo in nettissimo anticipo sul record».
Da lì in poi, ancora a manetta, con lo spinnaker, qualche barretta ipercalorica e sorsi d’acqua. Il mare li aveva lasciati passare e scendevano più tranquilli e sempre veloci. Tunisi il traguardo tagliato in notturna, con l’ingresso pieno di scogli pericolosi per un barchino sfinito e senza motore. Il brindisi e il grande abbraccio tra padre e figlio, e la promessa: «Non finisce qui». In vista c’è una corsa Portofino- Giraglia-Portofino poi, nel 2017, la grande sfida che era destino che una coppia di Malingri tentasse, la traversata dell’Atlantico in due, sempre sul piccolo iper-catamarano.
Un altro primato francese da abbattere, su un oceano che per loro è familiare come un salotto di casa.