Corriere della Sera, 21 settembre 2016
Referendum, perché Germania e Usa sperano che vinca il Sì
Prima l’ambasciatore americano John Phillips, e poi la cancelliera Angela Merkel, hanno espresso la loro opinione sul referendum e ambedue hanno fatto capire chiaramente che sono per il sì. Anzi, l’ambasciatore degli Stati Uniti ha anche affermato che una vittoria del no causerebbe un calo degli investimenti americani in Italia. Non dimentichiamo che si tratta di due Paesi alleati con forti interessi in Italia. Secondo me non si tratta di interferenze o di appoggio a Renzi, ma semplicemente di realismo politico. Una vittoria del no causerebbe, senza alcun dubbio, instabilità non solo da noi. I nostri alleati temono che possiamo ricadere nella politica che ha contrassegnato per troppo tempo il nostro Paese, con governi e premier che cambiavano come le stagioni. I nostri alleati vogliano solo metterci in guardia e, in fondo, dirci: turatevi pure il naso, ma votate sì per il bene e dell’Italia e dell’Europa.
Virgilio Avato
Caro Avato,
Fra le dichiarazioni dell’ambasciatore degli Stati Uniti e quelle della cancelliera tedesca corre una fondamentale differenza. Il primo rappresenta un Paese alleato, ma straniero, che non ha titolo per dire agli italiani quale uso dovrebbero fare del loro voto. Angela Merkel invece è la maggiore autorità politica di un Paese europeo che ha con l’Italia rapporti di stretta interdipendenza. Fra noi e Stati Uniti vi sono molti trattati di amicizia e collaborazione, ma Italia e Germania sono organicamente legate da una moneta comune, dalla stessa politica agricola e commerciale, dall’appartenenza al mercato unico. Ciascuno dei due Paesi ha ceduto una larga parte della propria sovranità all’Unione e ha un evidente interesse a evitare, per quanto possibile, che il proprio investimento venga minacciato dalle cattive politiche di un partner.
Le crescenti competenze del Parlamento europeo, negli ultimi tempi, hanno rafforzato questa interdipendenza. I membri di ciascuna delle tre grandi famiglie politiche europee – popolari, social-democratici, liberali – hanno uno stesso obiettivo: lavorare insieme a Strasburgo per moltiplicare la propria influenza sulla politica nazionale. Gli esponenti dell’euroscetticismo non hanno capito che la distinzione fra la sfera nazionale e la sfera europea è diventata col passare del tempo sempre più labile. In questo nuovo quadro ogni elezione nazionale, anche nei partner più piccoli, concerne tutti. Lo ha capito Euronews, il canale televisivo europeo di Lione, che tratta con la stessa attenzione tutte le consultazioni elettorali dell’Unione. Lo hanno capito i governi che non nascondono più la loro simpatia, quando si vota in un altro Paese, per il partito con cui hanno un rapporto di cuginanza ideologica.
Se questo è ormai lo stato delle cose in Europa, caro Avato, non sorprende che la Germania sia interessata alla stabilità della politica italiana e prenda posizione sul referendum istituzionale proposto dal governo Renzi. Questa non è più una interferenza, come nel caso delle parole pronunciate dall’ambasciatore degli Stati Uniti. È la dimostrazione di una interdipendenza che è ormai un valore europeo.