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 2016  settembre 20 Martedì calendario

In America ci sono molti lupi solitari e pochi foreign fighters

Accesi rivali, in alcuni teatri di guerra perfino nemici, Isis e al- Qaeda hanno comunque un punto in comune. Per entrambi gli Stati Uniti sono il nemico numero uno. E per entrambi rappresentano l’obiettivo illustre, anche se il più difficile. Se potessero scegliere una città dove effettuare un grande attentato, probabilmente sceglierebbero New York o Washington.
Eppure gran parte degli attentati rivendicati dall’Isis sono avvenuti in Europa, quelli più sanguinosi in Francia e in Belgio. E se nel 2015 due attentati in America sono stati indirettamente collegati all’Isis, si trattava però di lupi solitari che hanno agito di propria iniziativa senza alcun coordinanento. Non certo dell’organizzata rete di foreign fighters tornati dalla Siria che ha concepito e portato a termine gli attentati e in Belgio, come la cellula di Verviers. Ci si pone una domanda: gli Stati Uniti devono considerarsi meno vulnerabili agli attentati dell’Isis?
Se si analizzassero i dati relativi ai combattenti partiti alla volta di Siria e Iraq per arruolarsi nelle file dello Stato Islamico verrebbe da dire di sì. Secondo un’inchiesta pubblicata la scorso febbraio dal New York Times 82 persone sono state accusate dalle autorità per aver cercato di aiutare, a diverso titolo, l’Isis. Di loro,32 hanno espresso l’interesse a portare a termine un attentato in territorio americano; 28 hanno mosso i primi passi per organizzare l’attacco; 17 erano sorvegliati dalla Cia perché stavano pianificando un attacco. Ma gli aspiranti jihadisti partiti alla volta di Siria e Iraq per unirsi all’Isis sono davvero pochi: 28 persone sono state arrestate poco prima di prender un volo per raggiungere Siria e Iraq. Soltanto tre sarebbero entrate effettivamente nelle milizie dell’Isis.
In un rapporto diffuso all’inizio del 2015, l’International Centre for the Study of Radicalisation (Icrs) stimava 100 cittadini americani partiti per Siria e Iraq, senza peraltro specificare se si siano uniti all’Isis o ad altre milizie, e se ci ci siano riusciti. Ma rispetto ai 1.200 aspiranti jihadisti partiti dalla Francia, o ai 450 partiti dal Belgio (e 600 da Regno Unito e Germania) il numero è davvero esiguo, meno di 100 individui. In un Paese peraltro dove vivono 319 milioni di persone. Rispetto al 2014 e al 2015, il trend, poi, sta decisamente scendendo. «Sei- otto persone ogni mese provavano a partire» dagli Usa Siria e Iraq e unirsi all’Isis – aveva dichiarato in maggio il capo dell’Fbi James Comey – ma dall’agosto del 2015 la media è di uno al mese».
L’impressione, dunque, è che il maggior pericolo negli Stati Uniti siano i lupi solitari. Il rapporto pubblicato dal Nyt è esplicito: nessuna delle persone accusata dall’Fbi di aver l’intenzione di voler organizzare un attentato aveva ricevuto direttive dall’Isis. Lo stesso vale per i tre attentati in cui nel 2015 è apparso il nome dell’Isis. Quello avvenuto nel maggio a Garland, in Texas (dove due uomini erano stati uccisi dalla polizia prima di aprire il fuoco). Era stato influenzato dalla propaganda terroristica anche l’uomo che in luglio uccise cinque militari con il suo fucile in un centro di reclutamento in Tennessee. Anche la coppia che aveva fatto strage a Sa n Bernardino, in dicembre, non aveva legami con l’Isis ma si era indottrinata sul Web. «Mentre l’Isis resta una forzaletale all’estero, la sua capacità di raggiungere gli Usa è stata finora marginale» ha spiegato al Nyt Karen J. Greenberg, direttore del Centro sulla sicurezza nazionale all’università di Fordham.
Gli Usa hanno un vantaggio. La posizione geografica la rende meno vulnerabili rispetto all’Europa, dove molti aspiranti jihadisti hanno raggiunto via terra la Siria attraverso la Turchia. Un agevole viaggio di andata. E un ritorno nei Paesi di origine non così difficile. È questo problema: i returnees, i foreign fighters che sono rientrati. A metà luglio l’Europol ha informato che dei 5mila partiti dall’Unione Europea, 1.500-1.800 sarebbero già rientrati. «Molti di loro non hanno voglia né capacità di compiere attentati – ha precisato un funzionario – ma restano centinaia di potenziali terroristi che costituiscono un pericolo per la sicurezza dell’Europa». E le recenti sconfitte subite dall’Isis stanno spingendo i foreign fighters a tornare indietro. Un esodo di hjihadisti verso l’Europa ma anche l’America, aveva avvertito Comey «come non l’abbiamo mai visto». E per chi vuole seminare il terrore l’America resta sempre la meta più ambita.