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 2016  settembre 20 Martedì calendario

La Cina cresce solo del 5%

Prosegue la fase di transizione dell’economia cinese e gli esperti ritengono si debba spingere l’acceleratore sulle riforme. «Secondo le nostre stime», afferma Alex Wolf, economista di Standard Life Investments, «il tasso di crescita dell’economia è sceso al 5% in quanto sta venendo meno la spinta degli investimenti statali». Le autorità cinesi riconoscono la necessità di ribilanciare e ristrutturare l’economia del Paese, ma dovranno per forza andare incontro a una serie di compromessi. «Una riduzione controllata dell’indebitamento, cruciale per promuovere una crescita più sostenibile in futuro, richiede l’accettazione di una minore crescita oggi», spiega Wolf, che sottolinea l’importanza delle riforme, «a partire da quelle del settore finanziario, necessarie per sostenere la crescita legata ai consumi, ma che comporteranno per l’apparato statale la perdita di una parte del controllo diretto sulla crescita del credito, sull’allocazione delle risorse e sul tasso di cambio».
Compromessi saranno necessari anche sulla riforma delle imprese statali. «Serve per accelerare l’innovazione e aumentare la crescita della produttività, ma implica che lo Stato svolga un ruolo normativo e non di concorrenza all’interno del sistema economico nazionale», prosegue l’economista di Standard Life Investments. Ad ogni modo in uno scenario ottimale secondo la gran parte degli esperti la Cina potrebbe crescere il 4 e il 5% annuo per il prossimo decennio. «Se il governo non riuscisse a realizzare le riforme, allora la Cina rischierebbe di cadere in una trappola, con una frenata della crescita del pil fino addirittura al 2%», avverte Wolf.
Soprattutto lo scorso anno l’incertezza sulle riforme e l’incapacità del governo di guadagnare la fiducia degli investitori si è riflessa sull’azionario. Hugh Young, managing director di Aberdeen Asset Management, è d’accordo con Wolf sul fronte del debito. «C’è una stabilizzazione complessiva che il governo è riuscito a raggiungere e la violenta crisi del mercato azionario di Shanghai dello scorso anno è solo un ricordo, ma il debito continua ad allarmare», afferma Young. Il gestore stima un debito complessivo del Paese pari a 30 mila miliardi di dollari.
Più difficile capire quanta parte di questo debito preoccupi realmente gli esperti. «Si va dai 7 mila miliardi di dollari dei più ottimisti ai 23 mila miliardi dei più pessimisti», conclude Young. «La gran parte del debito cinese però è denominata in yuan e questo ci tranquillizza, perché, mal che vada, la People’s Bank of China (la banca centrale del Paese, ndr) potrebbe risolvere il problema emettendo nuova moneta».