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 2016  settembre 20 Martedì calendario

Anche Rafa Nadal e Mo Farah sono rimasti impigliati nella rete degli hacker russi. Tra corticotropina e Vicodin

«Fancy Bear», atto quarto: protagonisti Rafa Nadal e Mo Farah. Sono il tennista spagnolo e il mezzofondista inglese, dopo Simone Biles e Bradley Wiggins, i nuovi campionissimi impigliati nella rete degli hacker russi che lo scorso agosto avevano saccheggiato gli archivi informatici dell’Agenzia Mondiale Antidoping (Wada) per poi pubblicare, in una sorta di telenovela a puntate, il frutto della loro razzia: i certificati di esenzione terapeutica (Tue) con cui le Federazioni sportive autorizzano l’assunzione di farmaci dopanti a scopo curativo.
Il caso più inquietante tra i 27 resi noti ieri è sicuramente quello del somalo naturalizzato britannico Mo Farah, il più forte corridore di lunga distanza del mondo, che all’Olimpiade di Rio ha vinto i 5 e i 10 mila metri doppiando i successi di Londra 2012. A carico di Farah un’autorizzazione (firmata 15 giorni dopo la fine della terapia) che nel luglio 2014 gli consentì di assumere morfina per via endovenosa associata a un altro narcotico, il Vicodin, in dosi massicce ogni due ore per 48 ore di fila. Il Tue non spiega i motivi di un trattamento da sala rianimazione, ma lo staff dell’atleta fa capire che si sarebbe trattato di un ricovero d’urgenza in ospedale dopo un collasso avvenuto durante un allenamento in altura. Un episodio di cui l’atleta non aveva mai parlato, inquietante considerando che quattro mesi prima Mo Farah aveva avuto un altro collasso, questa volta pubblico, sulla linea del traguardo della mezza maratona di New York. Episodio che lui attribuì a un avvelenamento da pesce avariato, quantomeno improbabile per un atleta di livello mondiale alla vigilia di una grande gara.
Farah è da anni nel mirino dei media inglesi che gli rinfacciano un paio di controlli antidoping saltati, un coach ambiguo (l’ex maratoneta americano Alberto Salazar, accusato di doping da alcuni suoi ex atleti) e frequentazioni poco raccomandabili come quella con Jama Aden, l’allenatore somalo arrestato lo scorso giugno dalla polizia spagnola per traffico di sostanze proibite.
A carico di Nadal c’è invece una prescrizione del 2012 che autorizza una terapia settimanale a base di corticotropina, utilizzata per curare patologie reumatiche molto serie. Tra i 27 «hackerati» anche Francine Niyonsaba, la burundiana che fu argento dietro a Caster Semenya negli 800 metri olimpici di Rio e che, come la sudafricana, è portatrice di un mutamento delle caratteristiche sessuali che le provocano un iperandroginismo. Nel suo caso viene autorizzato l’uso quotidiano per due anni (fino al 2017) di tibolone, principio attivo dei farmaci che prevengono l’osteoporosi nelle donne in menopausa. Una prescrizione difficile da interpretare perché, a partire dal 2015 Semenya e Niyonsaba, grazie a una sentenza del Tas di Losanna recepita dalla Federazione di atletica, non sono più costrette a tenere bassi farmacologicamente i loro livelli di testosterone e quindi non dovrebbero aver bisogno di farmaci come questo.