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 2016  settembre 20 Martedì calendario

Il dermatologo della tv che si è trasformato in assassino

Aveva scelto di seguire le orme del padre, del nonno e dello zio. I brillanti studi in Medicina, la specializzazione e poi la professione. Una carriera lanciata già dai primi anni, grazie, tra le altre cose, a una fitta rete di relazioni. E tre figli oggi ancora piccoli ai quali, chissà, magari passare un giorno il mestiere.
Scorreva sui binari del benessere e del successo, prima di incrinarsi forse in modo irreparabile, la vita di Matteo Cagnoni, dermatologo fiorentino conosciuto per le sue pubblicazioni e anche per frequenti apparizioni televisive. Membro della New York Academy of Sciences, dopo aver insegnato alla scuola di specializzazione in nefrologia dell’Università di Firenze, aveva deciso di concentrarsi sull’attività privata e in particolare sulla dermatologia estetica, riscuotendo immediati riscontri. Che in quel campo vogliono dire anche buone parcelle.
Un successo che non era stato intaccato neanche dalla maxi inchiesta sulla dermatologia – favori dall’industria farmaceutica in cambio di malati da curare – che nell’ottobre del 2010 scosse gli ambienti accademici italiani, con 21 misure cautelari e 37 perquisizioni: agli arresti domiciliari, con altre cinque persone, finì il professor Torello Lotti, 57 anni, ordinario all’Università di Firenze e presidente della Società italiana e di quella mondiale di dermatologia, mentre per Cagnoni (poi assolto da tutte le accuse) scattò invece la misura dell’obbligo di dimora. Forse segnato da quella vicenda, chiuse lo studio fiorentino per dedicarsi a quello di Ravenna, continuando a collaborare con televisioni e riviste specializzate.
Nel suo sito, visitato ogni giorno da centinaia di addetti ai lavori, Cagnoni descrive la sua professione come una missione, abbracciata proprio grazie al ruolo della famiglia. Il padre Mario, prima di tutto, ex professore alla Facoltà di Medicina di Firenze e maestro di un’intera generazione di medici toscani e non solo.
«Trovandomi da sempre all’interno del mondo scientifico – scrive – ho capito cosa significhi veramente essere medico: una professione dura, di grande responsabilità, fatta di sacrifici, di tempo sottratto alla famiglia, all’affetto dei figli, ma profondamente umana, affascinante e di alto valore sociale». Poi il ricordo dei familiari che lo avevano formato: «In un certo senso mi sono sempre sentito un predestinato, dal nonno e dallo zio chirurghi entrambi primari di chirurgia generale in tempi in cui ancora un chirurgo doveva essere in grado di operare tutto». Nel sito, la biografia si intreccia a una lunga serie di articoli e di pubblicazioni anche divulgative, in particolare sui temi della sicurezza alimentare e della medicina estetica. L’ultimo libro Se la pelle parlasse, uscito nel 2015, è dedicato proprio alla moglie Giulia.
Le prime indagini sul brutale omicidio della compagna hanno rivelato come dietro l’apparente tranquillità, Cagnoni avesse iniziato da tempo a manifestare pesanti segni di squilibrio. A spingerlo sul baratro, proprio il risentimento sempre più forte verso la moglie che lo voleva lasciare, e alla quale non perdonava di aver iniziato una relazione con un altro uomo. Un’ossessione che lo spingeva a prodursi in scenate sempre più violente nei confronti della donna e che lo aveva persino spinto ad aggredire un conoscente di lei ritenendolo il suo amante. Fino a quando, sempre secondo chi indaga, qualcosa di terribile è scattato nella sua testa. Ha preso un bastone e ha scatenato una violenza inaudita, uccidendo la compagna di una vita e madre dei suoi tre bambini.