Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  settembre 20 Martedì calendario

Due operai italiani rapiti in Libia • Per la bomba esplosa a New York è stato arrestato un terrorista afghano • Finita la tregua in Siria, raid aereo contro un convoglio umanitario: dodici morti • La donna uccisa a bastonate dal marito


Libia Due operai italiani sono stati sequestrati presso la cittadina di Ghat, in Libia, assieme a un collega canadese. Sono tutti dipendenti della Con.I.Cos. (Contratti Italiani Costruzioni) di Mondovì. Pare che una o due jeep quattro per quattro li abbiano seguiti mentre viaggiavano in auto tra il luogo di lavoro, la pista dell’aeroporto locale, e l’abitato dove risiedono. L’allarme è arrivato ieri mattina ai nostri servizi di sicurezza impegnati a monitorare il Paese, ora in modo ancora più attento visto l’arrivo dell’ospedale da campo a Misurata con i reparti speciali di militari italiani. I rapitori avrebbero sparato contro il mezzo degli italiani. Più tardi sarebbe stato trovato l’autista, legato e imbavagliato. I nomi degli italiani rapiti sono noti: si tratta del 56enne Bruno Cacace, in Libia dal 2006 e residente a Borgo San Dalmazzo (Cuneo) e di Danilo Calonego, 68 anni, del Bellunese. I commentatori locali enfatizzano la pista della criminalità comune. Ghat è una delle città più remote del Fezzan a pochi chilometri dal confine con l’Algeria. La polizia libica nega che qui sia presente Isis. Gli inquirenti devono invece fare i conti con tribù Tuareg, spesso in lotta tra loro per un’oasi, l’accesso a una zona di palme da dattero, e più di recente per il controllo del traffico di migranti dall’Algeria, che però negli ultimi tempi si è spostato a est e ovest su piste meglio organizzate (Battistini e Cremonesi, Cds).

New York 1 C’è già un arrestato per l’esplosione che ha colpito New York, provocando 29 feriti (vedi Fior da fiore di ieri). Si tratta di Ahmad Khan Rahami, 28 anni, afghano. L’uomo, ricercato (era stato identificato dalle telecamere di sorveglianza), è stato bloccato dopo uno scontro a fuoco con la polizia a Linden, nel New Jersey. Gli investigatori ritengono che Rahami abbia piazzato le bombe alla maratona di Seaside, poi le due a Manhattan, quindi quella a Elizabeth. Tutte fabbricate in modo artigianale con sostanze facilmente reperibili e grazie a formule diffuse dai jihadisti sul web (G. O., Cds).

New York 2 L’attentatore, 28 anni, è giunto all’età di 7 anni dall’Afghanistan al seguito della famiglia che aveva chiesto asilo, ha vissuto a Elizabeth, nel New Jersey. Dopo aver studiato per due anni al college criminologia, è passato dietro il bancone del First American Fried Chicken, una tavola calda gestita insieme al padre al centro di un contenzioso con il Comune. Il locale teneva aperto oltre l’orario consentito, c’erano schiamazzi. All’ordinanza di chiudere entro le 22, i Rahami hanno reagito con atti legali e l’accusa di essere discriminati perché musulmani. Dal passato è poi spuntato un arresto per un’aggressione contro la sorella e una scazzottata con un poliziotto, seguita dalla veloce partenza di Ahmad alla volta di Kabul per evitare l’arresto. I conoscenti dicono che Rahami sia cambiato dopo il viaggio in Afghanistan nel 2011 e un soggiorno di un anno, nel 2014, in Pakistan dove ha sposato una donna locale e risiede un fratello. Dicono che al suo ritorno sarebbe apparso più chiuso, diverso dal giovane con la passione per le auto veloci e scherzoso (Olimpio, Cds). [Sull’argomento leggi anche il Fatto del Giorno]

Siria La fragile tregua in Siria concordata una settimana fa, è «clinicamente morta» come ha detto un dirigente dell’opposizione siriana. Scontri si sono già registrati nell’area di Aleppo. L’episodio più grave, un raid contro un convoglio umanitario. Dodici le vittime del bombardamento, per la maggior parte gli autisti dei camion. I 18 mezzi colpiti facevano parte di un convoglio di 31 mezzi. Erano diretti ad Urm al-Kubra. L’attacco è avvenuto mentre si stavano scaricando le scorte con i viveri per la popolazione assediate da settimane. Governativi e ribelli si accusano a vicenda per la violazione del cessate il fuoco. Secondo il regime di Assad sarebbe stata l’opposizione ad aver boicottato l’intesa. I ribelli replicano ed accusano Damasco «di aver violato più volte la tregua per poterne annunciare la fine». E nuovi scontri si sono registrati proprio nella zona di Aleppo. Le forze armate di Assad hanno ripreso i bombardamenti sulla città più martoriata del Paese, ancora controllata dai ribelli anti Assad. L’attacco al convoglio umanitario, secondo la denuncia degli osservatori di Human Rights , è stato condotto dall’aviazione di Assad e dai russi (Baroni, Cds).

Delitto Giulia Ballestri, 40 anni. Di Ravenna, slanciata ed elegante, «buona e gentile», madre di una dodicenne e due fratellini più piccoli, di recente aveva confidato a un’amica che si era stufata di fare la casalinga e voleva tornare a lavorare nella ditta del padre, un imprenditore che si occupa di condotte sottomarine e ha contribuito alla realizzazione di Mirabilandia. Sposata con Matteo Cagnoni, 51 anni, dermatologo assai famoso e spesso ospite di trasmissioni televisive sulla medicina, voleva lasciarlo: aveva un’altra storia e intendeva ricostruirsi una nuova vita. Lui da allora aveva preso a dare segni di squilibrio: le faceva scenate continue e aveva pure aggredito un conoscente, ritenendolo il suo amante. Giovedì mattina i coniugi andarono in tribunale per discutere della separazione, poi lui la costrinse a seguirlo in una villa famiglia disabitata da anni. All’ingresso iniziò a picchiarla e a spogliarla, forse la stuprò, poi, afferrato un bastone, la colpì più volte alla testa e sul volto. Quindi la lanciò giù per le scale dello scantinato. Domenica mattina i genitori e il fratello denunciarono la scomparsa della donna: fu trovata qualche ora dopo, viso e cranio fracassati, indosso soltanto il reggiseno. Lunedì all’alba la polizia andò a bussare, a Firenze, a casa del padre del Cagnoni, docente universitario di Medicina. Il professore disse di non sapere dove fosse il figlio che invece, accortosi degli agenti grazie alle telecamere di sorveglianza, era scappato da una finestra. Un poliziotto riuscì a vedere nell’oscurità la sagoma in fuga, lo inseguì sino all’argine di un torrente, afferrandolo per la camicia, ma Cagnoni riuscì a divincolarsi e scomparire. Fu bloccato due ore dopo quando tornò a casa convinto che la polizia se ne fosse andata. Pare che l’uomo avesse l’intenzione di nascondersi all’estero insieme ai tre figli che aveva portato con sé a Firenze. In una giacca sono stati trovati una cospicua quantità di contanti, il suo passaporto e quelli dei bimbi. Giovedì 15 settembre in una villa in stile liberty in via padre Genocchi, nel centro di Ravenna.

(a cura di Roberta Mercuri)