la Repubblica, 18 settembre 2016
Su Salvini e sul tradimento. Quello della Lega, però
Vuoi l’incautela, vuoi la sfortuna hanno portato Salvini a usare, a carico di Ciampi, l’accusa meno pronunciabile dal capo di un partito che fu secessionista (e in termini di statuto lo è ancora): quella di tradimento. La Lega Nord per l’indipendenza della Padania è moralmente e politicamente imputabile di tradimento continuato della Repubblica italiana e della sua unità, sancita dalla Costituzione (articolo 5). Con tanto di finto Parlamento del Nord e finti ministeri al Parco di Monza; Sole delle Alpi imposto in una scuola della Repubblica; inviti del fondatore della Lega a “pulirsi il culo” con la bandiera nazionale; e i Forza Etna e i Forza Vesuvio, e i coretti (starring Matteo Salvini) che invitavano i napoletani a lavarsi, gli insulti a Roma e ai romani. Senza che questa appassionata ostilità al concetto stesso di Italia e di popolo italiano abbia impedito agli eletti leghisti, per parecchie legislature, di ricevere regolare stipendio dall’odiato Stato italiano. E di fare dei fondi pubblici l’uso molto intimo e familiare, diciamo così, che ne ha fatto il fondatore.
In altri paesi, anche democratici, sarebbe bastato molto meno per fare dichiarazioni ai giornalisti avendo ai lati due gendarmi. Peccato che la pazienza e la liberalità delle istituzioni repubblicane non siano state risarcite dal rispetto nei confronti di chi le serviva proprio negli anni in cui la Lega cercava di demolirle.