Corriere della Sera, 18 settembre 2016
Se a governare le città non ci fossero i partiti ma le imprese
Cosa succederebbe se in una città – Milano, Roma, Parigi, Londra – si presentassero alle elezioni per il comune non liste di partiti ma di imprese? Immaginiamo due consorzi di aziende con programmi contrapposti e con bilanci (tasse e spese) dettagliati: uno che privilegia, per dire, le infrastrutture e la migliore gestione del traffico, l’altro che punta su digitalizzazione e piano case. Composti da alleanze di gruppi tipo Telecom, Microsoft, Ibm, imprese di costruzione, gestori di rifiuti, studi di architettura e via dicendo. Molti cittadini penserebbero probabilmente che a livello di città non sarebbe una sospensione della democrazia ma una strada pragmatica.
Uno studio dell’Economist «Intelligence Unit» su 12 smart cities nel mondo indica che, in effetti, gli abitanti delle città iniziano a essere disponibili a vedere la soluzione dei problemi urbani in modo diverso dal passato. Con partecipazione diretta. La raccolta e l’elaborazione dell’enorme massa di dati che una città produce in continuazione – attraverso le tecnologie digitali – crea la possibilità di migliorare la vita in misura sostanziale, spesso a costi contenuti e disloggia il vecchio modo, a orientamento soprattutto politico, di gestire le aree urbane. Gli intervistati nelle 12 città – Barcellona, Berlino, Buenos Aires, Chicago, Londra, Los Angeles, Città del Messico, New York, Rio, Shanghai, Singapore, Toronto – dicono che negli scorsi tre anni le tecnologie digitali hanno avuto un impatto sulle loro vite: per il 36% hanno migliorato i servizi di telecomunicazione, per il 31% i trasporti, per il 21% la prevenzione del crimine e i servizi sociali. Il 53% delle imprese dice che operare in una smart-city (cioè in connessione digitale) aiuta a trattenere i talenti e il 46% sostiene che produce benefici sui risultati aziendali.
Soprattutto, il 39% dei cittadini è disposto a condividere i propri dati personali (spostamenti, abitudini di spesa, stili di vita) allo scopo di ridurre la congestione del traffico; il 37% per ridurre la criminalità; il 36% per migliorare i servizi di sanità e istruzione; il 35% per ridurre l’inquinamento; il 34% per rendere più efficiente e trasparente l’amministrazione pubblica; e via dicendo.
Il Big Data renderà dunque anacronistici e superflui i partiti politici per quel che riguarda le città? E le aprirà a nuove forme di governo? Molti cittadini sembrano disposti a provare. Succederà.