Corriere della Sera, 18 settembre 2016
In Siberia è caccia ai mammut, o meglio alle loro zanne
Una miniera di resti fossili nel cuore della Siberia. È il set dell’ultima corsa all’oro. L’«oro bianco» delle zanne dei mammut, i giganteschi progenitori degli odierni elefanti. Centinaia di avventurieri si addentrano da tempo nella tundra, ma è solo negli ultimi 3 anni che la professione del cercatore di zanne fossili è diventata una gara, alimentata da un mercato clandestino alla ricerca di nuove fonti dopo che le campagne anti bracconieri hanno portato a sequestrare e incenerire tonnellate di avorio d’elefante.
I nuovi cacciatori di scheletri danno la caccia ai mammut scomparsi nel Pleistocene scavando nel permafrost – quel substrato gelato che si estende sotto il terreno fertile delle foreste nella regione della Sacha-Jacuzia – nella speranza di trovare le pregiate zanne di avorio «etico», imprigionate dal ghiaccio tra 10 mila e 3.700 anni fa. Le loro ricerche stanno provocando un disastro ambientale, come rivelano le straordinarie foto di Amos Chapple: per trovare scheletri e zanne, scavano il permafrost con potenti getti d’acqua garantiti da pompe a motore. I gas di scarico ammorbano l’aria (in 3 settimane si bruciano 5 tonnellate di gasolio); i torrenti di ghiaccio disciolto e pietre modificano il corso dei fiumi; intere colline e foreste spariscono sotto la pressione degli scavi. In nome del sogno di diventare milionari.
Questo commercio (gestito da trafficanti cinesi) può essere molto redditizio: una zanna di mammut da 60-80 chili può essere venduta per 34-70 mila dollari. L’«ibernazione» degli scheletri ne permette la perfetta conservazione. Ma solo il 30% dei cercatori ce la fa: c’è chi arriva a guadagnare 100 mila dollari a settimana; gli altri affrontano una vita durissima e rischiano la vita per nulla.