Corriere della Sera, 17 settembre 2016
Storia della tartaruga con 800 figli
Le tartarughe delle Galapagos, giganteschi animali dallo scuro carapace, un tempo popolavano in gran numero l’arcipelago. Fu, come è noto, l’arrivo di pirati e balenieri a segnarne il destino, facendole diventare carne per nutrire equipaggi. Iniziò così un declino che continuò nel tempo con la colonizzazione e l’inevitabile danno arrecato anche dagli animali domestici introdotti.
Insomma, oggi della quindicina di sottospecie di tartarughe giganti dell’arcipelago molte sono a rischio e alcune estinte. Ne ho viste, trent’anni fa, nel mio viaggio alle Galapagos e non posso dimenticare l’emozione dei molti incontri ravvicinati quando, col fiato sospeso, stavo immobile a rimirarle.
Oggi la sopravvivenza di questi giganti – arrivano anche a un metro e mezzo di lunghezza – è affidata ai centri di riproduzione e ai progetti di reintroduzione. E c’è molta attenzione sul loro destino. Ci sono individui che diventano popolari, che hanno un nome proprio. Come George, noto come «Lonesome George» (George il solitario), che ha vissuto cent’anni da scapolo incallito. «Cent’anni di solitudine», sull’isola di la Pinta, e poi è scomparso nel 2012 senza lasciare eredi.
All’opposto di Diego, maschio centenario ora divenuto famoso per aver messo al mondo circa 800 figli (il 40% di tutta la popolazione di tartarughe della sua isola) in quarant’anni e avendo così contribuito a mettere in sicurezza la sua specie, Chelonoidis hoodensis, ridotta negli anni Settanta a due maschi e dodici femmine. Lo chiamano Casanova e in effetti gli va riconosciuto un vero successo se si pensa che l’accoppiamento tra tartarughe non è un atto breve, ma piuttosto un evento prolungato, rumoroso e non privo di aggressività. Le uova, una decina circa, sono deposte in una buca scavata lentamente per giorni, poi ricoperta col terriccio impregnato con orina per sigillarla. Trascorsi circa 200 giorni escono le tartarughine che pesano meno di un etto, che se la devono cavare da sole e sulle quali naturalmente grava un’elevata mortalità.
Grazie a Diego – riportato nel 1976 sull’isola di Española, dove era nato più di cent’anni fa e da dove era stato trasferito per raggiungere lo zoo californiano di San Diego – la specie ora è al riparo da rischi di scomparsa. E non è un fatto da poco. Recuperare una tartaruga gigante delle Galapagos è mantenere anche testimonianza del contributo fondamentale che le osservazioni di Charles Darwin diedero alla comprensione dei meccanismi evolutivi. Perché non sfugge che quegli immensi, neri carapaci hanno, ad esempio, forma diversa a seconda delle isole e della loro vegetazione. Dettagli preziosi per cogliere il fine e raffinato lavoro dell’evoluzione.