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 2016  settembre 18 Domenica calendario

Quattro generazioni per l’ultimo saluto a Ciampi

Il più giovane ha due mesi d’età, portato in braccio dalla mamma che si china con lui davanti alla bara; il più anziano è un signore con pochi capelli bianchi che dice ad alta voce, con marcata cadenza romanesca: «Io so’ più vecchio de lui», quindi 96 anni o più. In mezzo quattro generazioni di folla variopinta, silenziosa e composta di rappresentanti delle istituzioni di ieri e di oggi mescolati a gente comune, romani e turisti; grisaglie e abiti scuri confusi con magliette colorate, jeans e camicie fuori dai pantaloni, vestiti di sartoria e calzoni corti, sandali e scarpe da ginnastica che si confondono tra tacchi alti e mocassini lucidi.
Un miscuglio di popolo e autorità, in un pomeriggio di fine estate, venuti a rendere omaggio a Carlo Azeglio Ciampi. «Meglio i primi dei secondi, e credo che lo penserebbe anche il de cuius», commenta Claudio Ciampi, figlio del presidente emerito, che stringe mani e ringrazia tutti, come suo padre quando attraversava le ali di folla negli anni del Quirinale. «Tutti cittadini, e questa è la cosa più importante», conclude mentre risponde al telefono nel cortile di palazzo Madama. Parla con la mamma, che non è qui, e con il sacerdote che celebrerà i funerali in forma privata. Poi torna nella sala dedicata ai caduti di Nassiriya, 19 militari e civili italiani uccisi in Iraq nel novembre 2003; il presidente Ciampi andò ad accoglierne le bare al loro rientro in Italia, uno dei momenti più tristi e dolorosi del suo settennato. Ora il feretro dell’ex capo dello Stato è esposto sotto la targa che ricorda quelle vittime, su un drappo blu e con una rosa rossa sopra.
Prima che la camera ardente venga aperta al pubblico in attesa fuori da palazzo Madama, arriva il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Ha chiesto di poter salutare il suo predecessore in privato o quasi; con lui c’è solo il presidente del Senato Pietro Grasso, e quando arriva l’altro ex capo dello Stato, Giorgio Napolitano, entra anche lui. Gli ultimi inquilini del Quirinale dopo Ciampi e il padrone di casa si raccolgono intorno alla bara. Mattarella se ne va dopo circa un quarto d’ora, Napolitano resta ancora un po’, quando esce mette la sua firma sul registro dei visitatori tra quelle di tanti altri. Sotto di lui hanno scritto grazie «una madre» e un signore al quale l’ex capo dello Stato ha «cambiato la vita con il suo esempio».
Sfilano ministri dell’altro ieri e di ieri, da Paolo Cirino Pomicino a Giorgio La Malfa, Nicola Mancino e Beppe Pisanu, Vincenzo Visco e Francesco Rutelli, fino a qualcuno di oggi, Angelino Alfano e Andrea Orlando. Il presidente della Regione Zingaretti e il cardinale vicario di Roma Vallini. Entrano insieme ad anonimi sconosciuti, Claudio Ciampi e sua sorella continuano a salutare: «Grazie di essere venuti».
Il miscuglio tra istituzioni e vita di tutti i giorni che probabilmente sarebbe piaciuto a Carlo Azeglio Ciampi si nota anche dalle corone di fiori: all’interno ci sono solo quelle delle più alte cariche della Repubblica: il capo dello Stato, i presidenti di Senato, Camera e Consiglio dei ministri. Fuori, appoggiate ai muri del cortile, quelle inviate dal Comune di Livorno e dal Livorno calcio; il gonfalone della Normale di Pisa e gli omaggi del capo della Polizia e del Partito democratico, del Consiglio superiore della magistratura che Ciampi difese nel 2004 rispedendo al Parlamento per manifesta incostituzionalità la riforma dell’ordinamento giudiziario voluta dal governo Berlusconi.
Fuori le persone in coda attendono pazienti, uomini e donne, giovani e vecchi, ragazzi e signore di mezza età, famiglie con bambini. Entrano a piccoli gruppi. C’è chi ricorda il suo impegno per l’Europa unita e chi gli incoraggiamenti alle nuove generazioni, chi ne esalta l’onestà e chi la differenza con i politici di oggi. Renzi s’infila veloce nel palazzo, si ferma alcuni minuti, poi si apparta in una saletta del Senato con il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan e il sottosegretario De Vincenti. «Approfittiamo dell’ospitalità del Senato», dice il premier chiudendo la porta. Restano dentro più di un quarto d’ora. Chissà di che avranno parlato; da Palazzo Chigi fanno sapere che siccome il premier è in partenza per gli Stati Uniti ha lasciato le consegne su chi deve partecipare al funerale.
Ecco la presidente della Camera Laura Boldrini, Luciano Violante e Franco Marini, i vertici della Banca d’Italia guidati da Ignazio Visco, insieme a funzionari e dirigenti di ieri. Il sindaco di Livorno grillino Filippo Nogarin indossa la fascia tricolore e si mette in fila: «Lui non l’ho conosciuto, solo sua moglie, ma è stato un cittadino illustre, era mio dovere essere qui». Dopo di lui ecco la sua collega di Roma, Virginia Raggi, ancora in cerca di un assessore al Bilancio. L’ingresso nella camera ardente deve sembrarle una pausa di tranquillità in mezzo a giornate a dir poco convulse. Quando esce rallenta davanti ai fotografi, poi in strada corre via veloce; la piccola folla dietro le transenne la guarda silenziosa, senza alcuna reazione. Non sono qui per lei né per i problemi di Roma, ma per Carlo Azeglio Ciampi.