Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  settembre 17 Sabato calendario

Ricordi di Jarno Trulli, l’ultimo italiano in F1

Un anno fa l’ultima vittoria Ferrari, che non sembra in condizione di ribadire quell’exploit. Ma sono ormai 5 anni di F1 senza un pilota italiano in pista: l’ultimo fu Jarno Trulli, insieme a Vitantonio Liuzzi.
Jarno, se lo ricorda quel giorno?

«Come potrei dimenticarlo? Brasile, Interlagos 2011».
Scusi, ma oggi cosa fa?

«Oggi Trulli è un imprenditore. Vino, immobili…».
E i motori? La Formula Uno?

«Non c’è, e non ne ho nostalgia. C’è un tempo per tutto. Non mi ci vedo comunque, e non credo che mi ci divertirei. Meglio fare il sommelier».
Da allora il deserto. Eppure Giovinazzi a Monza ha entusiasmato il mondo dei motori.

«I piloti italiani sono snobbati, questa è la verità. Dei mohicani. Ma abbiamo anche un team in meno».
La Minardi, oggi Toro Rosso.

«E la Ferrari non prende piloti italiani, è un dato di fatto».
C’è un motivo?

«Hanno sempre preso buoni piloti…».
Non male, la battuta.

«È così, non c’è l’opzione italiana. Però poi, a guardare, i team inglesi prendono gli inglesi».
Problema di risorse umane?

«Sì, i piloti italiani tardano a maturare, a essere più responsabili. Professionisti, in una parola».
C’è dell’altro?

«Sì, l’italiano oggi ha poco appeal, commercialmente. E non è aiutato nelle sponsorizzazioni».
Sa che l’Aci ha detto che è ora di far tornare piloti italiani in F1?

«Se l’hanno detto loro. La realtà è che esiste la Ferrari, e non il pilota italiano».
Poi c’è il problema F1.

«Uno solo?».
La Formula Noia, in primis.

«Già, in confronto la MotoGp è più accattivante».
Perché?

«Nelle moto il pilota è parte attiva, nell’auto ci sali sopra e stop».
Tocca rassegnarsi?

«Il vero grande errore è la ricerca continua del cambio dei regolamenti. Troppa confusione. Non si deve essere malati di tecnologia».
E quindi?

«La cura è riportare al pilota la padronanza della monoposto. Oggi abbiamo ingegneri che si arrampicano sulla tecnologia».
È stato a Monza, con i suoi figli. Le sensazioni?

«Non entravo nel paddock da anni. È stato un po’ triste, l’ho trovato asettico».
Meglio la Formula Elettrica, che ha guidato?

«No, è un mondo diverso che deve decollare».
Ha avuto come partner una donna, Michela Cerruti.

«Brava, ha saputo adattarsi».
Si sente un però…

«No, è che le donne hanno limitazioni fisiche, anche se potrebbe sempre nascere una pilota migliore dei maschi e non ci sarebbero problemi».
Insomma, questo futuro della F1 è a rischio.

«La F1 resta il fiore all’occhiello dei motori. Ma la crisi c’è per tutti. Oggi siamo affogati nei regolamenti, tutto è studiato al simulatore. Capisco le multinazionali, ma le scelte vanno fatte bene».
Che ne pensa dei contatti Ferrari- Dallara?

«Ben venga questa joint-venture se confermata, una motor valley italiana sarebbe una bella cosa. È la globalizzazione, no?».