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 2016  settembre 19 Lunedì calendario

Ferrero e la guerra del cioccolato

La guerra del cioccolato è scoppiata ufficialmente due settimane fa. Quando Hershey, gruppo numero uno negli Usa, ha rifiutato l’offerta da 23 miliardi della rivale Mondelez. Se l’avesse accettata sarebbe nato il primo gruppo mondiale della cioccolata davanti ai competitor Mars, Nestlè, Lindt, e Ferrero. Ma gli azionisti di Hershey hanno voltato le spalle e alla ceo di Mondelez, Irene Rosenfel. «Anche se delusi rimaniamo focalizzati sulla creazione di valore e sulle acquisizioni», ha detto lei. Dopodiché Mondelez ha aperto le ostilità programmando la distribuzione in Usa di una barretta targata con i suoi due brand più famosi: Milka e Oreo.
Questa golosità dovrebbe arrivare, secondo le stime, a fatturare 14 miliardi di dollari solo negli Usa a scapito del leader di mercato, Hershey. La competizione tra i due colossi potrebbe aprire nuovi spazi anche per gli altri player più innovatori. Per esempio Ferrero o la rivale Lindt che in Usa ha comperato Russel Stover.
La mappa
Il mercato a stelle e strisce è importante per tutti i big della cioccolata, specialmente per quelli che hanno radici sugli stagnanti mercati europei. Secondo i dati Iri, Hershey guida la classifica Usa con 2 miliardi di ricavi, seguito da Mars con 1 miliardo, Nestlé con 193 milioni, Lindt 40 milioni e Ferrero 36 milioni. Quattro anni fa Mondelez comperò Cadbury battendo i gruppi rivali, Ferrero e Hershey insieme. Ora secondo gli analisti di Mint l’unica chance che ha la multinazionale del Toblerone per conquistare la leadership nel cioccolato è fare un offerta per Ferrero.
Peccato che la linea del ceo e proprietario, Giovanni Ferrero, non sia quella di vendere il gruppo fondato dal padre 70 anni fa. Piuttosto il contrario: espanderlo anche per acquisizioni.
La multinazionale piemontese ha appena formulato un’offerta per acquisire l’azienda belga Delacre, che da 120 anni produce biscotti e pasticcini e li vende in Europa, Stati Uniti e Canada. Delacre che ha due stabilimenti produttivi e un giro d’affari di oltre 130 milioni, fa parte del gruppo inglese United Biscuits, che a sua volta è controllata dalla holding turca Yildiz, titolare di marchi come Godiva e McVitie’s. Per Ferrero si tratterebbe della seconda acquisizione in poco più di 12 mesi, dopo quella della britannica Thorntons. «Il rialzo dei prezzi del cacao (+88% in cinque anni) – afferma Pinar Hosfaci senior food analyst di Euromonitor – ha comportato una crescita dei costi che solo i premium players come Ferrero e Lindt riescono ad assorbire. Il portfolio di Ferrero sta andando bene in Gran Bretagna, Usa e Cina ma sta soffrendo in Germania, Italia e Francia che insieme rappresentano il 41% dei ricavi. In Europa occidentale il gap di prezzo tra i marchi premium e quelli di massa come Godiva si sta restringendo».
Secondo Jack Sally, sempre di Euromonitor, Ferrero potrebbe seguire l’esempio di Lindt che mira a diventare il più importante retailer di cioccolata del mondo trasformando la rete dei negozi Thorntons in flagship di Nutella, Kinder e Ferrero Rocher. Comunque che la strada sia quella della crescita globale lo ha ribadito lo stesso Ferrero al premier Renzi in visita ad Alba. «Nel 1967 Ferrero disponeva di 3 fabbriche in Italia, Germania e Francia -— ha sottolineato l’imprenditore – mentre oggi ne ha 22, dal Canada alla Cina, dalla Russia al Sudafrica, dall’Argentina all’Australia. Nel 1967 i nostri collaboratori erano meno di 8.000, oggi sono più di 40.000. Il fatturato era l’equivalente di 800 milioni euro, oggi è di 10 miliardi di euro, con un giro d’affari che negli ultimi dieci anni si è raddoppiato, con il 40% nei mercati extra-europei. Questa significativa crescita è stata generata dalle marche globali del nostro portafoglio internazionale, che ci ha permesso di guadagnare il terzo posto fra i produttori mondiali nel mercato dolciario».
La chiave
Secondo Ferrero l’elemento chiave della cultura di Alba è la «Ferrerità», ovvero «uno sforzo continuo di bilanciamento fra tradizione e innovazione». La volontà di innovazione e «l’audacia positiva della Ferrerità si traducono, a livello globale, in investimenti in ricerca e sviluppo di oltre 200 milioni all’anno e in investimenti industriali di oltre 600 milioni all’anno, con percentuali sul fatturato significativamente superiori rispetto ai valori di riferimento del settore».