La Gazzetta dello Sport, 18 settembre 2016
In Belgio un padre e una madre hanno ucciso il loro figlio, sofferente di qualche gravissima malattia generativa, e la storia è finita, senza ulteriori dettagli, sul quotidiano fiammingo Het Nieuwsblad, e da qui sui giornali, sui siti e sui tg di tutto il mondo perché è la prima volta che l’eutanasia si applica a un minore, cioè a un bambino

In Belgio un padre e una madre hanno ucciso il loro figlio, sofferente di qualche gravissima malattia generativa, e la storia è finita, senza ulteriori dettagli, sul quotidiano fiammingo Het Nieuwsblad, e da qui sui giornali, sui siti e sui tg di tutto il mondo perché è la prima volta che l’eutanasia si applica a un minore, cioè a un bambino.
• È possibile?
In Belgio è possibile. È l’unico paese al mondo ad aver integrato, con una norma votata dal Parlamento nel 2014, la sua legge sull’eutanasia del 2002. L’eutanasia, in base a quanto stabilito nel 2014, si può somministrare anche a un piccolo che abbia meno di dodici anni. Dal 2014 ad oggi non era però mai accaduto. Adesso, secondo quel giornale, è successo, ed è tutto perfettamente in linea con quanto prevede la legge. La morte del ragazzino è avvenuta sotto il controllo dell’apposita Commissione federale presieduta dal professor Wim Distelmans. Spiega la bioeticista Micaela Ghisleni: «In Belgio l’eutanasia è praticata per legge in presenza di due condizioni: deve esserci la cosiddetta “situazione infernale” a livello clinico (stato di sofferenza fisica/morale tale da creare una condizione di indegnità esistenziale). E, da parte del soggetto, la volontà a volerla (volontà persistente, informata, autonoma)».
• Come può, un bambino con meno di 12 anni, esprimere su questo punto «una volontà persistente, informata, autonoma»?
Quando la legge fu approvata, l’arcivescovo André-Joseph Leonard, in quel momento primate del Belgio e presidente dei vescovi di quel paese, disse: «Stabiliamo che gli adolescenti non siano in grado dal punto di vista legale di prendere importanti decisioni economiche e affettive, e poi li riteniamo in grado di decidere se devono morire». Christian Brotcorne, capo del gruppo centrista francofono in Parlamento, chiese polemicamente: «Che cosa succederebbe se i genitori fossero in disaccordo tra di loro, o se uno psichiatra dovesse credere che il bambino non è in grado di capire la situazione?». Obiezioni che sono tornate nelle numerosissime prese di posizione di ieri, segnate però da prudenza anche da parte di chi è non è contrario all’eutanasia. Maria Antonietta Farina, presidente dell’istituto Luca Coscioni: «La volontà del familiare non può e non deve essere prevalente rispetto a quella del minore. Non è sufficiente per procedere all’atto eutanasico. La volontà del minore va prima di tutto sottoposta a verifica non dei soli genitori (troppo emotivamente coinvolti), ma di esperti che ne possano certificare l’umore e l’eventuale stato più o meno primariamente depressivo».
• Quali sono, in sintesi, le posizioni in campo?
Ieri Marco Cappato, che guida la battaglia perché l’eutanasia sia introdotta anche in Italia, ha detto: «Il Belgio è il primo Paese al mondo a non girare la testa dall’altra parte di fronte alle condizioni di sofferenza insopportabile che possono colpire anche persone minori. Le regole belghe forniscono sufficienti garanzie per prevenire abusi e sopraffazioni del tipo di quelli che accadono nella clandestinità alla quale condannano leggi come quelle italiane». Scienza e Vita, l’associazione che sui temi bioetici collabora in modo organico con la Conferenza Episcopale Italiana, sostiene invece: «Il diritto all’eutanasia del bambino altro non significa che attribuire ad un adulto il potere di vita e di morte su un minorenne». Il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei: «La vita è sacra, va accolta sempre». Si tratta di posizioni inconciliabili, perché discendono da concezioni opposte della vita: se la mia vita è un dono, non appartiene neanche a me, e non ho il diritto di disporne. Se invece la vita è mia, e solo mia, ho diritto di farne quello che voglio.
• In Italia potrebbe essere votata una legge sull’eutanasia?
La commissione Giustizia e Affari sociali della Camera ha sul tavolo parecchie proposte di legge, e tra queste quella in quattro articoli, di iniziativa popolare, presentata nel settembe 2013 dall’Associazione Luca Coscioni e sostenuta da 67 mila firme. Questa proposta ha cominciato il suo iter lo scorso febbraio, ma dopo un paio di sedute l’iter si è fermato. Trattandosi di una legge di iniziativa popolare, però, non decadrà con la legislatura, ma sarà ripresa dal Parlamento che voteremo nel 2018.
• Che cosa sono «gli abusi e le sopraffazioni» di cui parla Cappato?
Si sa che negli ospedali, d’accordo con i parenti, l’eutanasia è praticata in segreto (si parla di ventimila casi). Chi vuol morire e ha una certa disponibilità economica può andare in Svizzera e con 10-13 mila euro farsi fare l’iniezione o bere un certo intruglio letale. Una procedura che si vuole senza sofferenze. Ci sono poi i suicidi: secondo le ultime tabelle dell’Istat, che risalgono al 2009, su tremila persone che ogni anno si tolgono la vita in Italia, più di mille sono spinte all’ultimo gesto da una malattia. L’Istat non pubblica più, nelle sue statistiche sui suicidi, le motivazioni, ma non credo che il dato sia oggi molto diverso (i suicidi sono in aumento in tutto il mondo). Per avere un quadro completo, bisogna anche prendere in considerazione lo studio del dottor Scott Y.H. Kim, bioeticista dell’Istituto nazionale di salute degli Stati Uniti: esaminando i casi olandesi di suicidio assistito su pazienti psichiatrici, s’è scoperto che per la metà si trattava di gente depressa, sola, ansiosa o afflitta da disturbi alimentari. Casi cioè curabilissimi. È una studio che dà pericolosamente ragione alle preoccupazioni della Chiesa, che teme la trasformazione dell’eutanasia in una pratica di routine.