Il Messaggero, 16 settembre 2016
Tetto agli stipendi Rai e riduzione dei contributi pubblici per le aziende con maxi-compensi. Ecco come cambierà l’editoria dopo il Sì del Senato
Il tetto agli stipendi Rai, la riduzione dei contributi pubblici per le aziende con maxi-compensi, la durata decennale della concessione Stato-Rai, incentivi per gli investimenti pubblicitari anche per radio e tv locali. Sono le principali novità introdotte dal Senato al ddl sull’editoria, approvato ieri con 154 sì (Pd, Sinistra italiana, Ap, Ala, Per le autonomie-Psi-Maie), 36 no (M5S) e 46 astenuti (FI, Lega Nord, Cor). Il provvedimento torna alla Camera, dove Fieg e Fnsi auspicano un via libera definitivo in tempi rapidi. I cardini restano l’istituzione del Fondo per il pluralismo e l’innovazione presso il ministero dello Sviluppo economico e la delega al governo per ridefinire la disciplina sui contributi pubblici, nonché le norme sui prepensionamenti dei giornalisti e sul Consiglio dell’Ordine. Amministratori, dipendenti e consulenti Rai non possono percepire stipendi superiori ai 240 mila euro, tetto che non potrà essere superato anche qualora l’azienda dovesse emettere bond. Il provvedimento prevede una riduzione delle risorse pubbliche alle imprese che superano nei confronti del proprio personale, di collaboratori e amministratori, il limite di 240 mila euro. Il governo è delegato a deciderne la rimodulazione. Ad alimentare il Fondo saranno risorse statali per il sostegno all’editoria quotidiana e periodica, ma anche quelle per le emittenti locali. Previsto l’uso di una quota, fino a 100 milioni di euro annui per il periodo 2016-2018, delle eventuali maggiori entrate da canone Rai in bolletta. Ci sarà anche un contributo di solidarietà da parte dei concessionari di pubblicità su tv e stampa (0,1% del reddito complessivo annuo). Il testo delega il governo a ridefinire l’intera disciplina – entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge – partendo dalla platea dei beneficiari. Tra questi, oltre alle tv locali, le cooperative giornalistiche e gli enti senza fini di lucro, quotidiani e periodici delle minoranze linguistiche. Esclusi esplicitamente i giornali di partito e le imprese editrici di quotidiani e periodici che fanno capo a gruppi editoriali quotati o partecipati da società quotate. Ulteriori requisiti, la riduzione a due anni dell’anzianità dell’impresa, l’applicazione contratti di lavoro e l’edizione della testata in formato digitale, anche in parallelo con la carta. L’ammontare del contributo dipenderà dal numero di copie annue vendute (non inferiore al 30% delle copie distribuite per le testate locali e al 20% per quelle nazionali) e dagli utenti unici raggiunti, oltre che dal numero di giornalisti assunti. Previsti criteri premialì per l’assunzione a tempo indeterminato di under 35 e limiti massimi al contributo erogabile (50% del totale dei ricavi dell’impresa). Il governo dovrà anche semplificare l’erogazione dei contributi, incentivare gli investimenti nell’innovazione digitale, assegnare finanziamenti a progetti innovativi, liberalizzare la vendita dei prodotti editoriali e gli orari di apertura dei punti vendita, incentivare sul piano fiscale gli investimenti pubblicitari su quotidiani e periodici nonché sulle radio e tv locali. Il testo delega il governo ad adottare – entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge – criteri più stringenti per il ricorso ai prepensionamenti dei giornalisti e a rivedere la procedura per il riconoscimento degli stati di crisi, nonché a riordinare e razionalizzare le regole per il Consiglio dell’Ordine (il numero dei componenti viene fissato a 60).