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 2016  settembre 16 Venerdì calendario

Trump se la prende anche con la Yellen

Adesso lo sappiamo con certezza, Donald Trump non sopporta la Federal Reserve: «Troppo politica, poca economia. Prende ordini dalla Casa Bianca, è davvero preoccupante» ha detto ieri davanti alla folta platea dell’Economic Club di New York, una vera e propria istituzione, dove recentemente hanno parlato Mario Draghi o il ministro della finanze tedesco. Ma il candidato repubblicano per la Casa Bianca 2016 si spinge più in là, fa un pronostico e una valutazione: «La Fed non aumenterà i tassi di interesse fino a gennaio, deve consentire a Barack Obama di poter andare a giocare a golf tranquillo...e così consentirà alla Borsa di restare sopravvalutata».
In sala ci sono finanzieri e banchieri. Ma il comitato d’onore è la metà del solito. Nella sua città resta un personaggio controverso. Poi i dettagli: come potrà compensare le riduzioni fiscali e delle aliquote o le promesse di aumenti di spese per infrastrutture? Come potrà evitare uno squilibrio dei conti? «Semplice, torneremo a crescere, ma per davvero, torneremo ai tassi di crescita del 4% contro i tassi di crescita deboli che hanno caratterizzato questi otto anni, restituiremo occupazione al nostro paese, ci sarà un aumento del reddito reale e ci occuperemo della classe media, degli americani che giorno dopo giorno tengono in piedi il nostro paese». Martin Feldstein, grande economista repubblicano, seduto al tavolo d’onore, è d’accordo. Non ci si deve rassegnare all’idea che i tassi di crescita debbano restare relativamente bassi.
Trump è stato efficace, ha dato maggiori dettagli rispetto al passato. Ha esordito ricordando che gli ultimi sondaggi lo danno in vantaggio in alcuni degli stati chiave: «Non c’è dubbio, vinceremo!». In effetti ieri i sondaggi di CBS NYTimes danno la Clinton al 44% su base nazionale e Trump al 42%, una differenza statisticamente irrilevante. Altri sondaggi mostrano che in Ohio Trump è passato in vantaggio e così pure in Florida. Il suo resta un messaggio di grande ottimismo che fa buona presa su un grande pubblico che resta deluso dalle difficoltà degli ultimi anni: l’economia cresce, i posti di lavoro sono in effetti aumentati, ma la classe media continua a faticare ad arrivare alla fine del mese. «Dobbiamo abbandonare la globalizzazione in nome di una nuova politica di ‘Americanismo’. Non mi sono candidato a essere il presidente del mondo, ma il presidente degli Stati Uniti. E come vostro presidente, combatterò per ogni singolo posto di lavoro americano e per ogni azienda americana».
Trump ha messo a fuoco quattro grandi comparti economici dove interverrà fin dal primo giorno con l’obiettivo di avere una crescita annuale dell’economia del 3,5%: «Possiamo fare anche molto meglio del 4%, ma i miei economisti non vogliono che lo dica comunque sia ora siamo all’ 1,1%, il 3,5 non si vede dal 2004».
La sua azione prevede 25 milioni di nuovi posti di lavoro, vediamola nel dettagli:
1) Fisco. Introdurrà una riforma fiscale che ridurrà da 7 a 3 le aliquote e gli scaglioni fiscali, ci saranno tagli fiscali per 4.400 miliardi di dollari, la crescita economica generata dal suo piano contribuirà’ a coprire i costi evitando squilibri. Prevede i tre scaglioni d’imposta al 12%, 25% e 33% senza imposte sul reddito per chi guadagna poco. L’applauso più forte l’ottiene quando dice che riporterà in America migliaia di miliardi di dollari parcheggiati all’estero dalle aziende americane, abbassando l’aliquota per chi rimpatria «dal 35% al 10%, per chi rimpatria, e ridurra’ l’aliquota generale sulle imprese al 15% dal 35%».
2) Commercio. Vuole rinegoziare tutti gli accordi commerciali, a partire dal Nafta e ha confermato che vuole costruire il muro «che sara’ pagato dai messicani, ve lo garantisco...e i cinesi, fanno benissimo a violare gli accordi, glielo lasciamo fare: ingaggero’ negoziatori duri come loro e molti sono in questa stanza» ha detto.
3)Spesa pubblica. Fortissimi tagli alla spesa, dappertutto con due eccezioni la spesa militare e quelle per l’assistenza sociale.
4) Regole. Vuole eliminare migliaia di regole: «Gli eccessi di regole ci costano 2.000 miliardi di dollari l’anno», dice e proporra’ una moratoria per eliminare tutta le regole che distruggono il lavoro.
Si congeda. Il pubblico applaude, chissà che Wall Street non gli dia più finanziamenti: finora la sua città era anche stata la più parca. E David Koch, super finanziatore del partito non c’era.