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 2016  settembre 16 Venerdì calendario

L’Italia e quest’ultimi 15 anni di crescita perduta

Non è colpa della Brexit. L’Italia ha alle spalle almeno 15 anni di crescita perduta: tra il 2000 e il 2015 il Pil è aumentato in Spagna del 23,5%, in Francia del 18,5%, in Germania del 18,2%, in Italia è «calato dello 0,5%», spiega Confindustria. E quella che sembrava una ripresa si è già arrestata: gli investimenti calano, rallenta la spesa delle famiglie, l’industria arretra: tutto previsto, osserva il Centro Studi negli “Scenari Economici”, solo che l’Italia si è fermata un po’ prima, già nel secondo trimestre. Per cui adesso le previsioni di crescita del Pil per quest’anno sono dello 0,7%, meno dello 0,8% annunciato a giugno, dal momento che «la risalita dell’economia italiana si è fermata nei mesi primaverili». Il che, se si vuole vedere il bicchiere mezzo pieno, significa che non ci saranno altre revisioni al ribasso: si tratta di un dato già contabilizzato. Solo che di conseguenza, «a causa del trascinamento statistico», viene rivista di un decimo di punto anche la crescita del 2017, si fermerà allo 0,5%.
«Le previsioni del governo saranno migliori», assicura il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. «L’economia va un po’ meglio di prima ma ancora non va bene come noi vorremmo. Siamo intorno al più 1%, – obietta il presidente del Consiglio Matteo Renzi – che è poco rispetto ai nostri sogni ma è molto di più di come era prima». La differenza tra le due stime in fondo è di pochi decimi, ma le conseguenze sono profondamente diverse per il Paese: con la crescita allo 0,7% il deficit/ Pil va al 2,5% quest’anno e al 2,3% nel 2017. E quindi il governo dovrà «negoziare margini di flessibilità aggiuntivi in sede Ue», oppure varare una manovra da 16,6 miliardi. E in effetti il governo sta già cercando di correre ai ripari: da alcuni giorni si è aperto lo scontro sulla sanità. Non ci saranno tagli, assicura il ministro alla Salute Beatrice Lorenzin: «Sono solo indiscrezioni, gossip, che ho letto con interesse, ma nessuno mi ha parlato di tagli al Fondo sanitario». Ancora più rassicurante il premier Renzi: «I fondi alla sanità nel 2017 continueranno a crescere. Certo il ministro della Sanità chiede dieci e magari otterrà uno, ma non è che ha avuto un taglio: voleva dieci e ha avuto uno». Renzi smentisce anche l’ipotesi di una tassa sulle sigarette per garantire la sostenibilità della spesa per i farmaci innovativi ad alto costo: «Non ci sarà alcun intervento sui pacchetti di sigarette».
Le Regioni però non si accontentano delle assicurazioni sui mancati tagli, chiedono con forza che vengano effettuati gli aumenti previsti. «Se il governo non intende rispettare gli accordi e incrementare il Fondo rispetto a quanto stabilito – dice il vicepresidente della Conferenza delle Regioni Giovani Toti – c’è un reale taglio alla sanità. Altrimenti, se ci sarà l’incremento di 2 miliardi, non ci saranno tagli; staremo a vedere, l’importante è che non ci siano giochi di parole». Analoghe le obiezioni dei sindacati: «Il fondo sanitario concordato pochi giorni fa da governo e regioni – accusa Stefano Cecconi, responsabile Salute Cgil – a 113 miliardi nel 2017 e a 115 miliardi nel 2018 è comunque insufficiente». Le risorse, spiega, non bastano tra l’altro a coprire i nuovi Lea (livelli essenziali di assistenza).