Il Sole 24 Ore, 15 settembre 2016
L’agricoltura è ora nelle mani di tre giganti
Bastano poche, grandi cifre a dare il senso della sfida proposta dai nuovi merger nell’agribusiness, ultimo arrivato il colossale deal annuciato tra Bayer e Monsanto. E le più rivelatrici non appaiono questa volta le cifre della finanza, snocciolate a ripetizione dai comunicati ufficiali e dagli analisti. I 66 miliardi della nuova fusione tedesco-statunitense. Il primato assoluto strappato nella classifica delle avventure d’oltreconfine della Corporate Germany. Neppure i 2.300 e più miliardi di dollari di combinazioni che nel 2016 hanno movimentato il mondo aziendale, lontani dal boom di un anno scorso ma pur sempre un bel numero, in grado di cambiar volto a settori che, oltre a chimica e agricoltura, vanno alla farmaceutica alla sanità, dall’energia alla tecnologia.
No, le “cifre” più pregnanti sono oggi quelle al vaglio di antitrust e regulators. Misurate dalla vigilanza e non solo dal management in termini di risparmi e redditività promesse dalle fusione. Viste con la lente degli interessi non unicamente di sempre più estesi e influenti imperi ma di un esercito di consumatori e produttori che da loro dipende, di un’economia più reale e diffusa di quella enunciata nei patti di fusione.
Le cifre, se di numeri vogliamo parlare, in questa chiave possono ad esempio diventare l’80% delle sementi del mais statunitense e il 70% del mercato globale dei pesticidi che finisce in mano a soli tre giganti in via di formazione: Dow Chemical-DuPont, un merger da 130 miliardi annunciato l’anno scorso e ora all’esame approfondito dell’Ue, ChemChina-Syngenta, che ha gia’ ottenuto un indispensabile via libera di “sicurezza nazionale” negli Stati Uniti, e appunto, adesso Bayer-Monsanto.
Siamo cioè alle prese con un brusco consolidamento che rivoluziona un mercato delicato – l’intreccio tra sementi, pesticidi, diserbanti, fertilizzanti, insetticidi e dintorni – da oltre cento miliardi di dollari l’anno e in continua crescita. Le conseguenze e ramificazioni di un simile processo, per gli agricoltori come la tavola delle famiglie, non possono essere né ignorate, né sottovalutate. In gioco c’è l’equilibrio di raccolti dai prezzi sotto pressione ma anche la direzione di sofisticate attività di ricerca, il loro impatto sulle produzioni del futuro. È qui la partita cruciale, citata dalle stesse aziende. «Come sfamare altri tre miliardi di persone al mondo entro il 2050 e farlo in modo sostenibile per l’ambiente», ha ricordato ieri Liam Condon, responsabile di Crop Science a Bayer. Le autorità antimonopolistiche – in tutto una trentina di giurisdizioni – e non solo devono dimostrare di essere all’altezza della sfida della nuova era di merger globali.