Il Sole 24 Ore, 15 settembre 2016
Ritratto di Rashid Kassim, cattivo maestro dell’islam
Gli anni piombo della Francia, del terrorismo jihadista diffuso e letale, hanno cattivi maestri con un curriculum assai più modesto di quelli della generazione europea precedente, professori all’Università e ospiti contesi nei salotti. Ma questi con la bandiera nera dell’Isis sono più temibili ed efficaci. Così appare almeno dalla biografia di Rashid Kassim, 29 anni, rapper convinto, ex impiegato comunale, ritenuto la guida di almeno 200 aspiranti jihadisti che lo seguono su Telegram e di alcuni dei terroristi entrati in azione nella Francia di Hollande, ambiziosamente proiettata in avventure nordafricane ma pericolosamente vulnerabile all’interno.
Eppure se venisse scritta una sorta di microfisica dei foreign fighters, la parabola di Kassim non è troppo dissimile da quella di altri che hanno aderito al Califfato. Ex chitarrista punk è la britannica Sally Jones, addestratrice di donne kamikaze inquadrate nel battaglione Anwar al Awlaki, leader americano di Al Qaeda ucciso dalla Cia in Yemen; amante della musica era anche Jihadi John, inglese di origini irachene (Mohammed Emkazi) che si fece riprendere mentre decapitava il giornalista americano Foley prima di essere ucciso da un drone in Siria. Anche Kassim appare in un video mentre sgozza due ostaggi siriani in tuta arancione e minaccia la Francia di nuovi attentati.
Ma c’è qualche cosa che rende Kassim un po’ diverso dagli altri. Lo conosciamo benissimo, anzi era noto all’ex sindaco di Roanne, Laure Déroche, che respinse la sua richiesta di pregare cinque volte al giorno sul luogo di lavoro. La signora Déroche, socialista, non è una islamofoba, anzi fu accusata di essere troppo cedevole con la comunità musulmana riunita intorno alla moschea Nour, la Luce. Kassim è il più temuto jihadista francese: avrebbe avuto un ruolo più o meno influente in tutti gli attentati negli ultimi mesi. In contatto tramite Telegram con gli islamisti di 19 anni che hanno sgozzato il prete della chiesa di Saint-Etienne-du-Rouvray il 26 luglio, ma anche con la più giovane delle tre donne radicalizzate fermate la scorsa settimana. Era legato a lui pure l’adolescente di 15 anni bloccato nel 20°arrondissement di Parigi in procinto di compiere un attentato.
I numeri per i francesi sono preoccupanti. Sono oltre 1.500 i foreign fighters andati a combattere in Siria per il Jihad. I manuali sul web di Kassim, destinati ai jihadisti pronti al martirio, potrebbero essere arrivati a decine se non a centinaia delle circa 15mila persone che stando alle ultime stime sarebbero simpatizzanti del radicalismo islamico. Su 1.400 di queste sono in corso indagini ma la sensazione è che potrebbe non bastare per impedire nuove stragi.
L’Isis, soprattutto qui in Europa, non ha pretese intellettuali come le ebbero i cattivi maestri in altre epoche, è un’ideologia dell’azione che fa più leva su disagio sociale che non sulla conoscenza dell’islam. Addestra direttamente alcuni degli attentatori, in altri casi ispira i lupi solitari o dei veri idioti dell’orrore che nel “format” dell’Isis inventato dal defunto portavoce Al-Adnani – basta agire, senza neppure rivendicare o essere militanti – ha dato un senso a vite fallimentari. Più che una versione “pura” dell’Islam, i jihadisti forniscono un franchising che dà un etichetta al malessere individuale e di gruppo e riempie il vuoto lasciato dalle ideologie del Novecento. Per utilizzare le parole di un esperto come Olivier Roy, si tratta di un’islamizzazione dell’antagonismo piuttosto che una radicalizzazione dell’islam storico. E in questo Kassim, che a colpi di slogan rappeggiati taglia la gola dei prigionieri, è davvero un cattivo maestro efficace.