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 2016  settembre 15 Giovedì calendario

Scoperti in Groenlandia microbi di 3,7 miliardi di anni. Sono le più vecchie tracce di vita sulla Terra

Strutture microbiche vecchie di 3,7 miliardi di anni sono state recentemente scoperte in Groenlandia, che potrebbe diventare il luogo in cui si trovano le più antiche tracce di vita sulla terra. Così almeno è quanto sostengono i ricercatori dell’università di Wollongong, in Australia, che sulla rivista scientifica Nature hanno annunciato di aver rinvenuto nel massiccio di Isua, nel Sudovest della Groenlandia, affioramenti carbonatici che sono caratteristici degli stromatoliti, strutture calcaree sedimentarie formate grazie all’accumulo di pellicole batteriche.
Gli stromatoliti sono considerati i migliori pretendenti al titolo di più antiche tracce di attività biologica sul nostro pianeta.
I ricercatori li hanno identificati nella regione di Pilbara, in Australia, all’interno di rocce formatesi 3,5 miliardi di anni fa. La scoperta in Groenlandia, in rocce più vecchie di 200 milioni di anni, segnerebbe dunque un nuovo record. Queste strutture biologiche relativamente complesse proverebbero inoltre che la vita si è sviluppata rapidamente, poco tempo dopo la formazione del nostro pianeta, 4,5 miliardi di anni fa, un’epoca in cui i bombardamenti della superficie terrestre da parte di meteoriti erano ancora intensi e rendevano le condizioni ostili.
I ricercatori australiani hanno scoperto queste piccole strutture simili a onde leggermente scure, lunghe qualche centimetro, su alcuni affioramenti svelati dal disgelo delle nevi eterne vicino alle coste della Groenlandia. Queste forme, spiegano, sono i resti di pellicole di batteri che vivevano in sedimenti poco profondi e si sono accumulati in strati sottili, gli stromatoliti, appunto. Tuttavia i ricercatori, eccettuata la presenza di queste strutture atipiche e di una composizione minerale che indica una formazione in ambiente marino, non possono provare che si tratti di strutture formate da un processo biologico e non piuttosto da fenomeni geologici sconosciuti. Un’assenza di prove che rende la tesi degli studiosi australiani difficile da difendere.