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 2016  settembre 15 Giovedì calendario

Il boom dei diamanti spiegato bene

I tassi negativi stanno favorendo la crescita dei beni reali come i diamanti. Le banconote scompaiono (è il destino dei 500 euro), la valuta diventa sempre più digitale, i preziosi restano, concreti, in mano e fanno lievitare il fatturato delle società che li collocano.
Intermarket Diamond Business, che si occupa di investimento in diamanti da 40 anni, ha registrato una crescita del 35% delle vendite nei primi otto mesi (da gennaio ad agosto). La spa guidata dall’amministratore delegato Claudio Giacobazzi ha infatti venduto 150 milioni di euro di pietre contro i 110 milioni nello stesso periodo dello scorso anno.
Nel 2015 IDB ha chiuso i conti con un utile di 29,9 milioni di euro contro i 23 milioni del 2014. L’anno scorso, riporta il bilancio, i ricavi dalla vendita si sono attestati a 144,128 milioni di euro contro i 92,893 milioni del 2014. L’importo medio investito è di 20mila euro.
La spa milanese ha collocato diamanti per oltre 1,5 miliardi di euro in quarant’anni “e ne abbiamo ricollocati per 140 milioni”, spiega Giacobazzi. “I tempi di mercato per il ricollocamento si sono intanto dimezzati, passando da 90 a 45 giorni”.
Ma come si investe in diamanti? E quando può rendere? Non esiste un listino aperto su queste pietre come il Ftse Mib o l’S&P 500. Anversa e Tel Aviv sono storicamente le piazze dove vengono scambiate le pietre, ma l’accesso alle contrattazioni è riservato solo agli operatori di settore.
E anche se oggi stanno prevalendo le piattaforme di scambio via web dei diamanti (Rapnet e Idexonline le maggiori), anche queste ultime non sono accessibili all’investitore finale. I prezzi delle pietre fanno storicamente riferimento al Rapaport Diamond Report, aggiornato ogni settimana. Che però funge da indicatore di massima fra domanda e offerta. Di conseguenza il prezzo finale potrebbe essere a forte sconto o anche a premio rispetto al listino.
Ogni società che rivende le pietre da investimento al pubblico finale lavora su un listino proprio di prezzi aggiornato periodicamente. Alcuni collocano i diamanti direttamente ai clienti, altri solo attraverso il canale bancario, come nel caso di IDB, che ha accordi con Unicredit, Banco Popolare, Unipol, Veneto Banca, Carige ….
IDB pubblica sul proprio sito il listino con i prezzi delle pietre da investimento che vende, che vanno da 0,5 a 1,5 carati. I prezzi li stabilisce al società e comprendono la pietra che si va ad acquistare, la certificazione della stessa da un ente esterno internazionale (Gia, Hdr…) e la polizza dei Lloyd’s di Londra conto furto e rapina. “Un’assicurazione annuale se il cliente decide di tenersi il diamante a casa in cassaforte, è invece perenne se ci affida la pietra e la custodiamo nel nostro caveau”, spiega Giacobazzi.
Per Giacobazzi le aspettative realistiche, basate su quanto accaduto negli ultimi 40 anni, sono di poter mantenere il valore dell’investimento iniziale e di guadagnare un 2% circa oltre l’inflazione (che oggi è praticamente nulla).
Questo dipende molto dal prezzo di rivendita delle pietre. Non essendoci una Borsa di riferimento, i diamanti di IDB che si acquistano attraverso lo sportello bancario possono poi essere rivenduti sempre attraverso IDB che fa da market maker. In questo caso si pagano commissioni di uscita.
Sono del 16% il primo anno a scalare fino al 7% dal settimo anno in poi. Vanno calcolate sul prezzo di vendita. “Stiamo parlando di un bene di investimento alternativo a medio-lungo termine, da tenere in protafoglio non meno di 5 anni”, conclude l’amministratore delegato, “cui dedicare non oltre il 10% del proprio portafoglio”.