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 2016  settembre 15 Giovedì calendario

Zanardi & Co: il giorno d’oro dell’Italia alle Paralimpiadi

Dalla A di Assunta alla Z di Zanardi. Ci vuole il pallottoliere per contare le medaglie arrivate in un 14 settembre che rimarrà scolpito nella storia dello sport italiano, senza distinzioni tra normodotati e paralimpici. Perché si fa fatica a ricordare una simile cascata di podi azzurri. Guardando negli annali non si scorge nulla di così memorabile, se non forse alla Paralimpiade di Roma 1960 quando però vigevano altre regole.
Le otto meraviglie azzurre, di cui cinque del metallo più prezioso, quello che emette il suono più forte qui a Rio de Janeiro perché i carioca si sono inventati delle palline (l’oro ne ha 28) da mettere all’interno delle medaglie per farle suonare come se fossero maracas e farne percepire il peso a chi non può vederle.
Assunta regina
Come Assunta Legnante che un’Olimpiade l’ha vista nel 2008, prima che un glaucoma congenito trasformasse la sua vita e la sua carriera agonistica. La grintosa campana non si è però lasciata mettere in ginocchio ed è diventata la dominatrice incontrastata del getto del peso tra i non vedenti. Oro chiama oro e dopo Londra ecco quello di Rio sempre con quella simpatica mascherina sul volto con gli occhi di Diabolik, la A iniziale del nome e i tre «agitos» che simboleggiano la Paralimpiade.
Il saltatore in alto: «Grazie»
Gli occhi della tigre sono, invece, quelli dell’uomo di ferro Alex Zanardi. Lui di Iron Man, a Kona, ne ha portati a termine ben due, alla Paralimpiade aveva già fatto incetta di medaglie a Londra (2 ori ed 1 argento) eppure la fame non gli passa mai. Per un’inezia, poco più di due secondi, si è tinto ancora d’oro, ha sfrecciato sulla sua handbike più veloce di tutti, come faceva quando correva in macchina. Il suo corpo è ora il suo motore inesauribile, che spinge ai massimi giri, ricavandone il massimo e lasciando le briciole agli altri. «Nella crono devi dare tutto quello che hai, tutto ciò che hai messo da parte nei muscoli, nel cuore, nell’anima. Tutto quello che hai costruito con passione, ingegno, curiosità e aiuto di tantissime persone – spiega -. Devi crederci davvero. È un po’ la metafora dei cinque secondi: quando pensi di avere dato tutto e sei in sofferenza, aspetta che arrivi l’agonia. A vent’anni non sai cosa sia, mentre io ci sono decisamente arrivato e non so cosa mi sia rimasto dentro per la gara odierna». Intanto un oro se l’è preso, con il tweet di complimenti del premier Matteo Renzi, e l’ha dedicato a chi non ha potuto lottare per vincerlo, ovvero il saltatore in alto Gianmarco Tamberi, colpito e orgoglioso delle parole ricevute dall’asso bolognese («Grazie, sei entrato nel mio cuore»). Il paraciclismo è stato un ciclone perché oltre a Zanardi sono saliti sul gradino più alto anche gli handbikers Vittorio Podestà (H3) e Luca Mazzone (H2). Come se non bastasse, ecco i due bronzi griffati Giancarlo Masini (C1) Francesca Porcellato (classi H1-2-3 accorpate): per la «Rossa Volante» è la dodicesima medaglia in dieci Paralimpiadi (sette estive e tre invernali). Mancava l’argento: ci ha pensato Federico Morlacchi nei 100 rana SB8, terza medaglia a Rio per lui.

La carica di Bebe

La serata italiana ha avuto una coda aurea altrettanto emozionante. Da lacrime di gioia è stata la cavalcata di Bebe Vio. Appena diciannove anni ma una grinta da vendere, che ha fatto innamorare il pubblico carioca della solare veneta, colpita da una meningite ad 11 anni che gli ha divorato tutti e quattro gli arti. Ma non la voglia di tirare di scherma e di diventare la numero uno del fioretto con una classe paragonabile a quella delle colleghe normodotate Vezzali, Errigo e Di Francisca. Della carrozzina non si è accorto nessuno.