la Repubblica, 15 settembre 2016
La rivoluzione mancata di “Politics”
Il rischio è quello del tanto rumore per nulla, visto che è tornato Giovanni Floris su La7, mentre in contemporanea a Politics è arrivato alfine Luigi Di Maio (ahi, Sudamerica) e la settimana di ritardo si è sentita tutta. Non solo, ma a essere buonissimi diciamo che non si è visto granché quell’incalzare spietato di domande (come negli spot che ci hanno martoriato tutta l’estate) con l’ospite che traccheggia e viene portato via con ludibrio e tutta la sedia. Anzi. Vedi il momento «Il Venezuela? Ma Gianlù, era un lapsus, dopo dieci minuti l’ho corretto» (che come tempo di reazione è inquietante davvero). Quanto agli ascolti ha stravinto Floris (6% contro il 3,4) e a Semprini, ora, tocca inseguire. Floris, lo ha detto lui, fa “un giornale” televisivo che contiene tutto – l’altra sera in rapida successione anche «È vero che l’anguria non fa ingrassare?» e, a seguire, un servizio dalla Svizzera sugli “Gnocca Tour” – pieno peraltro di preziose informazioni. E sì, c’è stata parecchia politica prima e tv di servizio: ma i dati d’ascolto raccontano del solito dieci per cento, anche meno, che si divide il martedì sera tra le due offerte. E quelli che, nel senso di Raitre, dovevano fare la rivoluzione a occhio devono sbrigarsi altrimenti toccherà arrendersi alle oscure forze della conservazione.