La Gazzetta dello Sport, 15 settembre 2016
Su YouTube c’è un video fatto di un testo che scorre sulla faccia di una bella ragazza bruna. Sostiene che la ragazza in questione è diventata un idolo del web, che la frase, pronunciata dalla stessa ragazza mentre fa l’amore in macchina e rivolta al suo partner, «Stai facendo un video? Bravo», è un gran colpo di marketing, «capolavoro inconsapevole di un’aspirante pornodiva»

Su YouTube c’è un video fatto di un testo che scorre sulla faccia di una bella ragazza bruna. Sostiene che la ragazza in questione è diventata un idolo del web, che la frase, pronunciata dalla stessa ragazza mentre fa l’amore in macchina e rivolta al suo partner, «Stai facendo un video? Bravo», è un gran colpo di marketing, «capolavoro inconsapevole di un’aspirante pornodiva». In effetti il video in questione - anzi: i video in questione - intasano la rete dall’aprile dello scorso anno e però la ragazza di cui si tratta non s’è purtroppo trasformata in una diva del porno. Come tutti già sanno, s’è ammazzata l’altro ieri impiccandosi con un foulard in uno scantinato di casa sua, periferia di Mugnone, a sua volta periferia nord di Napoli.
• Piangiamo sul latte versato.
Eh già. Nel frattempo i video sono spariti dalla rete, chi prova a vederli adesso finisce in quei non-luoghi di internet dove si minacciano infezioni o si fa pubblicità a prodotti americani. La magistratura di Napoli ha intanto aperto un’inchiesta per istigazione al suicidio. Sembrano coinvolti quattro o cinque uomini, di cui non vengono resi noti i nomi, gente che ha caricato in internet un video privato ricevuto dalla stessa ragazza, e subito divenuto virale per la frase che la ragazza pronuncia a un certo punto della performance: «Stai facendo un video? Bravo». La frase è diventata talmente virale che ho persino trovato una maglieria che ha fabbricato canotte da donna con le parole «Stai facendo un video? Bravoh» (con l’acca) e le vende a 9 euro e 90. Ci sono poi parodie, una di queste messa in scena da Paolo Cannavaro e Floro Flores del Sassuolo. Canzoncine, filastrocche. La ragazza aveva una pagina su Facebook ed è stata ricoperta da una valanga di insulti. I cosiddetti amici che avevano ricevuto il video hanno messo in internet anche il suo nome e cognome, presto la protagonista di questa tragedia non ha più potuto girare per Napoli, la riconoscevano, la insultavano, la perseguitavano. È scappata in Toscana, ha ottenuto di cambiar nome, ma niente, il tormento è continuato anche lì. È tornata a casa sua, ha vinto la causa contro i suoi persecutori, compresi i siti cosiddetti social, però il tribunale le ha imposto di pagare le spese legali per 20 mila euro, riconoscendole un risarcimento di 21 mila euro. Questo all’inizio di settembre. La poveretta aveva già tentato di buttarsi giù dal balcone e i suoi erano riusciti a fermarla. L’altra sera non c’è stato niente da fare.
• Come si chiamava?
Tiziana Cantone, 31 anni. Quando è cominciata la storia, lavorava nel bar del padre. La fuga è stata inutile. Inutile anche il tentativo di fernare il virus della diffusione su internet, sconfitto solo dal suicidio.
• Posso dire, con tutta la pietà del caso, che trovo però incomprensibile il fatto che la ragazza abbia lei stessa inviato i video agli amici?
È un punto della storia che, in questo momento di lutto, nessuno ha il coraggio di approfondire. I video in questione sarebbero sei. Nel primo Tiziana fa l’amore in macchina, pronuncia la famosa frase e poi definisce il suo fidanzato, che sta tradendo, un «cornuto». Si direbbe che il video è una vendetta nei confronti di questo fidanzato, colpevole di qualcosa. Negli altri video la si vede anche far l’amore con due uomini contemporaneamente. Non so, non so giudicare su questo, anche se so che questi giochetti di esibizionismo erotico vanno molto di moda, confondono anche il porno professionale, il sito Dagospia documenta quasi ogni giorno, con foto o con video i cui protagonisti sono però resi irriconoscibili, l’abitudine di alcuni spiritosi a darsi da fare per strada o ai giardini o in spiaggia, godendo del fatto di essere visti finché non arriva la polizia. Il punto qui però non è questo. il punto è: abbiamo diritto, su internet, di fare un errore e poi di pentirci? E poi: come si può regolamentare un comportamento penalmente rilevante come quello di mettere in rete immagini private senza averne avuta l’autorizzazione?
• Non so rispondere.
Non sa rispondere in modo convincete nessuno. La rete è transnazionale, quello che può essere reato in un paese, non lo è in un altro, se trasmetto dalla Svezia in Italia chi mi deve fermare, la Svezia o l’Italia? C’è poi la questione della libertà d’espressione, di cui internet sembra l’incarnazione assoluta. Vi è infine il problema, a parer mio insolubile, del diritto all’oblio: l’assassino del 1975 può o deve essere dimenticato, o è bene che la rete conservi memoria di quello che ha fatto?
• Qualcuno si sta occupando di queste questioni?
A livello teorico molti. A livello politico nessuno. Chi tocca la rete rischia di essere sommerso dall’impopolarità.