MilanoFinanza, 14 settembre 2016
Gli italiani non hanno cultura finanziaria, sono ignoranti
Il quadro delle scelte di investimento delle famiglie italiane presentato da Consob costituisce il terreno su cui si dovrà intensamente lavorare per migliorare la situazione e per promuovere interventi organici di educazione finanziaria. In media l’investitore italiano -si afferma tra l’altro- non ha cultura finanziaria, ha scarsa comprensione degli andamenti e delle innovazioni dei mercati, mostra in alcuni casi pregiudizi comportamentali, solo il 6% degli intervistati, secondo un campione di alcune migliaia di persone contattate, conosce il significato della diversificazione del portafoglio, è avverso alle perdite e al rischio di rendimenti inferiori alle aspettative, ha scarsa comprensione del processo decisionale di investimento (il 39% degli intervistati non ha alcuna attitudine al riguardo), mostra bassa disponibilità a pagare il servizio di consulenza. L’investitore presenta, tuttavia, un rinnovato interesse per i mercati finanziari, anche se resta netta la sua preferenza per i prodotti liquidi.
Molti altri dati vengono indicati come idonei a mettere in evidenza un quadro niente affatto esaltante. Se ne trae la conferma di quel che si conosceva già, ma non sulla base di un’analisi completa e documentata, circa la scarsa consapevolezza del risparmiatore-investitore italiano delle sue necessità e dei possibili vantaggi. Dunque si ripropone l’esigenza di rafforzare e coordinare le diverse azioni in materia di educazione finanziaria. Il Report afferma che le iniziative regolamentari e di policy per rafforzare la protezione degli investitori possono risultare poco efficaci se non tengono conto e non riflettono i comportamenti reali. Ben detto; ma ciò non toglie la crucialità di queste iniziative che, anzi, devono essere rafforzate. Alcune di queste sono nella disponibilità dell’Authority, quale la progettata Raccomandazione riguardante le schede informative per gli investitori e la negoziazione di prodotti finanziari su piattaforme centralizzate che, annunciate già diversi giorni, tardano a vedere la luce, da far poi seguire dalla Raccomandazione sui prodotti. Insomma, occorre far sì che l’educazione finanziaria, magari non volendo, non diventi un alibi a fronte di eventuali carenze normative, così come accade quando, in presenza in altri campi di comportamenti irregolari se non illeciti, si abusa nel sostenere che il problema è culturale, negando così responsabilità politiche e legislative. Occorre rilanciare le iniziative di educazione finanziaria, se del caso arrivando anche a una specifica normativa, considerate le proposte a suo tempo presentate in tal senso
Queste iniziative devono riguardare non solo le persone in età scolare, ma anche i cittadini in genere; a tal fine è necessaria una mobilitazione di tutti gli strumenti, pubblici e privati, per raggiungere la finalità di una estesa padronanza dell’uso consapevole del denaro, oggi molto lontana dall’essere conseguita. L’operare dei singoli è meritorio (quello, per esempio, del pioniere, un tempo, dell’educazione in questione Beppe Ghisolfi, ora vicepresidente dell’Abi con delega per tale settore); ma naturalmente non basta; diverse banche hanno deciso di iniziare a occuparsi di questo argomento e ciò costituisce un primo segnale. La Banca d’Italia è da tempo battistrada dello sviluppo di iniziative in questo settore. I mezzi di comunicazione di massa, radiofonici e televisivi, cominciano a tentare di dedicare un po’ del tempo di trasmissione a questa particolare educazione, anche se c’é molto da migliorare nei contenuti e nelle modalità. Non ci si può, però, ricordare dell’educazione finanziaria -che è seguita anche a livello globale, dove sono presenti Paesi certamente più avanti dell’Italia- solo quando si verificano i casi di gravi difficoltà di questa o quella banca, come è accaduto con le quattro banche salvate e le altre in difficoltà. L’educazione in questo campo non si traduce nella mera trasmissione di informazioni o, comunque, in una pedagogia vecchio stile. E ciò vale anche per le scuole, dove la materia dovrebbe diventare di insegnamento obbligatorio in ogni ordine e grado. Occorrono metodi coinvolgenti il cui valore applicativo si percepisca immediatamente. L’adozione accennata di una legge di impulso e di incentivazione in questo campo potrebbe essere utile. Ma, naturalmente, in primis è l’azione delle banche nel versante dell’assistenza e consulenza al cliente che deve rafforzarsi nella correttezza, trasparenza e diligenza. Gli istituti in questo settore hanno un ampio spazio per competere in reputazione. Lo sfruttino appieno.