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 2016  settembre 14 Mercoledì calendario

Il nuovo Tgv francese sarà più lento ma più comodo e soprattutto ben connesso a Internet

Problema: come si fa ad abbassare del 20% almeno, pena la diaspora dei viaggiatori verso autobus e aerei low cost, il prezzo dei biglietti dei nuovi Tgv, quelli che entreranno in servizio (si spera anche nella tratta Torino-Parigi) tra il 2020 e il 2022? La nuova direttrice marketing, Rachel Picard, arrivata l’anno scorso alla Sncf (Société nationale des chemins de fer, le ferrovie francesi) dopo una laurea a Hec, l’Haute école de commerce, la prestigiosa Bocconi parigina e una lunga esperienza a Thomas Cook, il gigante inglese dei tour operator, la stessa che quest’estate ha avuto l’idea di vendere i biglietti last minute con lo stesso meccanismo dei coupon inventato da Groupon, scontrandosi anche con i vecchi dirigenti aziendali e la loro cultura da ingegneri ferroviari (vedere ItaliaOggi del 12 luglio), sostiene di aver trovato la soluzione.
Per abbassare del 20% il prezzo del biglietto dei nuovi Tgv, si tratta della quinta generazione dei treni che hanno rivoluzionato la mobilità in Francia e sono stati il modello dei nostri Eurostar, poi diventati Frecce, è sufficiente abbassare il costo di acquisto dei nuovi convogli del 25%.
L’importante è che il fornitore sia d’accordo, ci stia dentro con i suoi costi e che i viaggiatori accettino di viaggiare su Tgv leggermente meno veloci, non più di 300 km all’ora, visto che non ha senso pretendere velocità superiori che fanno solo lievitare gli investimenti, dalla progettazione e realizzazione dei nuovi convogli alla manutenzione e gestione delle linee e della rete.
Sul secondo punto la nostra direttrice marketing ha le idee chiarissime, grazie anche a una serie di sondaggi fatti online e sul campo, cioè sui treni: la richiesta-chiave dei viaggiatori non è tanto sfrecciare a velocità record sui binari, guadagnando alla fine una decina di minuti sull’orario di arrivo, quanto viaggiare comodamente (i vecchi Tgv, in effetti, sono piccoli e scomodi con un secondo piano dove non c’è neanche posto per i bagagli) e completamente connessi a internet, modalità G4 o addirittura G5, poter telefonare, navigare sui siti, guardare un film, scaricare un’app, leggere un e-book e lavorare su un foglio Excel.
Sul primo punto, riuscire a ottenere uno sconto del 25% dai fornitori, in sostanza dai grandi gruppi industriali, tipo Alstom, che fabbricano treni, locomotive e carrozze ferroviarie, tutti in profonda crisi, come dimostra la chiusura annunciata del sito produttivo di Belfort, in Borgogna, proprio quello dove 35 anni fa è nato il primo Tgv, ecco, su questo punto la brillante neodirettrice marketing della Sncf ha trovato il modo di cambiare le regole d’ingaggio, le clausole contrattuali.
Grazie a una direttiva di Bruxelles, raramente applicata, che consente il cosiddetto partenariat d’innovation. Detto in parole semplici, si tratta di coinvolgere il fornitore nella progettazione di un nuovo prodotto (treno, auto, computer, poco importa). Se il fornitore dimostra di avere idee, visione, strumenti, vince la gara. Dopo di che si passa all’appel d’offre, all’offerta economica. In altre parole, il partenariat d’innovation è un modo per mettere a fattor comune competenze, savoir faire, tecnologie, esperienze per ottenere l’output, il risultato migliore al costo più basso.
Il colosso ferroviario Alstom, che nei suoi anni d’oro ha acquisito anche la Fiat Ferroviaria di Savigliano e che ora, invece, è in stato di crisi (nonostante un portafoglio ordini invidiabile: 28 Tgv agli Stati Uniti per 1,8 miliardi di euro, forniture alle ferrovie belghe per 480 milioni, alle ferrovie olandesi per 800 milioni e alle ferrovie italiane per 900 milioni, che, però, non risolve i suoi problemi di competitività e produttività), ha vinto a maggio la gara per sviluppare la quinta generazione dei Tgv, meno veloci, come s’è detto, ma più comodi, 700 posti e non di più per ciascun convoglio, e più connessi al web. E soprattutto meno cari per i viaggiatori, come nella promessa iniziale di madame Picard.
«Siamo pronti a realizzare i Tgv di nuova generazione», ha fatto sapere il gran capo di Alstom, Henri Poupart-Lafarge la stessa mattina in cui il suo portavoce, André Fages, incontrava i sindacati per annunciare la chiusura dello storico stabilimento di Belfort dove adesso lavorano in 500 su una linea di produzione di locomotive di manovra e che sarà chiuso entro il 2018 a meno che il presidente Hollande non si impegni personalmente, come ha cominciato a fare, per il mantenimento del sito.
Certo, Belfort non è l’unico stabilimento di Alstom. In Francia ce ne sono altri nove e non sarà la crisi di Belfort, che già l’Eliseo imputa all’ex ministro dell’economia Emmanuel Macron, a fermare i piani di un Tgv che abbia costi almeno del 20% inferiori per i viaggiatori. Sarebbe un buon affare anche per Alstom: una commessa di almeno 1,2 miliardi di euro.