Corriere della Sera - Roma, 14 settembre 2016
Il Madoff dei Parioli è tornato libero
Con una nuova richiesta di carcere che pende su di lui Gianfranco Lande, in libertà, tenta di riprendersi ciò che è suo. La vita. I soldi. Veramente, su quest’ultimi i suoi molti clienti, che non hanno mai smesso di odiarlo (e aspettare i risarcimenti), hanno idee diverse.
Ieri, comunque, il pm Luca Tescaroli ha chiesto nei suoi confronti quattro anni per truffa e abusivismo finanziario – l’ultima tranche processuale ancora in corso – ricordando che, del grande crac della galassia Lande, sono state recuperate solo le briciole. E cioè 25 milioni di euro riacciuffati dai finanzieri del Valutario su circa 300 perduti nella contabilità delle varie Dharma Holdings ed Eim.
Il Madoff dei Parioli – dal nome del quartiere che ha contribuito di più a diffonderne la fama di mago della finanza – è tornato a casa. Che non è ai Parioli come invece lo è quella del suo ex socio Giampiero Castellacci di Villanova (condannato), utilizzato a suo tempo come cavallo di Troia per immettere derivati nell’enclave pariolina dei circoli sportivi.
Della nuova vita di Lande si sa pochissimo, salvo che, come dice il suo avvocato storico Salvatore Sciullo, «lo si può contattare via mail ma con prudenza perché è molto attento alla sua immagine pubblica». L’altro suo avvocato, invece, Marco Lucentini, ha appena denunciato il furto dell’hard disk con tutti i dati del suo illustre cliente («Nella notte fra venerdì e sabato, tutto sparito»). Dal carcere accusò i magistrati di «bullismo giudiziario»: «Mi riferivo – spiegò – al pubblico ministero e alla gip che hanno proceduto sommariamente su una linea di massimo danno. I greci chiamavano tale atteggiamento “hybris”». E sempre dal carcere, a proposito del denaro, censurò l’avidità: «Non ho mai capito chi si danna per accumularlo. Prima dei soldi vengono l’onore e la famiglia».
Infine da dietro le sbarre, il broker spiegò il suo vero sogno, a suo dire travisato in truffa a starlette, intellettuali e professionisti. Lui, raccontò, cercava di costituire una grande banca d’Europa. «Dharma Holdings – disse per l’occasione – aveva 130 azionisti ed era previsto che l’azionariato si espandesse ulteriormente. Avevo elaborato un modello di business per il quale era stato registrato un marchio. Non si trattava di un banale progetto di banca familiare ma della creazione di un soggetto “paneuropeo” il primo della sua specie».
Prosaicamente la procura ritiene che la creazione di molte società e molti conti in altrettanti paradisi fiscali fosse funzionale al suo progetto. Fare man bassa di capitali e risparmi. Aiutato in questo dai suoi ex soci fra cui l’ex compagna Raffaella Raspi e Roberto Torregiani (con appoggi anche alla Carispaq, rimasta non a caso invischiata nella vicenda). Chissà cosa ne pensano Sabina e Paolo Guzzanti, David Riondino, Massimo Ranieri, i fratelli Vanzina, Elisabetta Bianca Melandri (sorella dell’ex ministro Giovanna), Samantha De Grenet, Mario Adinolfi, Stefano Desideri, Gianfranco Serraino Flory e altri ancora.