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 2016  settembre 14 Mercoledì calendario

Alla fine l’ex baby fenomeno Ganso è sbarcato in Europa

Oggi starà in panchina. Forse, probabilmente, chissà. Certezze, nella carriera di Paulo Henrique Ganso non ce ne sono state mai molte. Eppure c’è stata una stagione – nemmeno così breve – in cui sembrava impossibile poter fare a meno di questo brasiliano, alto e dinoccolato, molto tecnico, ma anche piuttosto lento e martoriato dagli infortuni. Ganso nel 2011 era il nuovo Kakà. Con qualcosa di Messi. L’alter ego di Neymar, suo compagno del Santos e più giovane di due anni. Per lui garantiva anche l’altro brasiliano Pato, anche perché il soprannome dell’ex milanista vuol dire «papero», mentre Ganso significa «oca». Un’oca col cervello e coi piedi buoni. Ma con dei prezzi spaventosi: il Santos, dove il ragazzo indossava la 10 di Pelé scatenando entusiasmi anche per il futuro della Seleçao, chiedeva fino a 50 milioni di euro. E le milanesi, soprattutto il Milan, lo hanno trattato a lungo, nel tentativo che si è poi rivelato lucido e legittimo, di non pagare una cifra così alta per un giocatore che si era già rotto il crociato del ginocchio sinistro.
Quest’estate, alla veneranda età di 26 anni, l’ex baby fenomeno Ganso finalmente è riuscito ad arrivare in Europa alla modica cifra di 9,5 milioni: chi ci può essere meglio di Sampaoli per esaltare questa mezzala mancina, che sa usare bene anche il destro? Ma nel Siviglia ultra offensivo che sabato stava perdendo a Las Palmas, il primo ad uscire per ristabilire equilibrio e velocità utili alla rimonta (portata a termine) è stato proprio lui, la stella brasiliana che il San Paolo rifiutò al Napoli per un paio di estati, sottolineando con arroganza che non avrebbe potuto «pagarlo neanche con tutti i soldi della camorra».
Ganso è figlio di uno dei tanti Amarildo del calcio brasiliano, ma il giorno dopo la nascita è stato affidato agli zii, perché frutto di una relazione passeggera. La timidezza e una certa aria triste forse non hanno giovato alla sua carriera, come del resto nemmeno la frammentazione del proprio cartellino controllato per la maggioranza da un fondo di investimento. «Credo di essere arrivato in Europa all’età giusta – dice lui – e voglio vincere qualcosa. Sampaoli mi chiede di giocare più arretrato, mi devo adattare a un calcio più intenso di quello brasiliano». A Torino Ganso c’è già stato: qui nel 2008 giocò col Santos il memorial Cozzolino riservato ai Primavera. Costava 280 mila euro, appena tre anni prima della folle asta di mercato che si sarebbe scatenata. Agli osservatori italiani di allora sembrava un po’ troppo «brasiliano». Un oggetto misterioso, che oggi atterra in Champions. Per vedere almeno l’effetto che fa.