Corriere della Sera, 14 settembre 2016
Gli hacker russi colpiscono l’Agenzia Mondiale Antidoping e scoprono che gli atleti americani si dopavano, dalle Williams alla Biles
C’era uno stimolante proibito, un’anfetamina potente e di formulazione moderna dietro ai magici volteggi della ginnasta americana Simone Biles, regina dei Giochi Olimpici di Rio. Quattro le medaglie d’oro (e un bronzo) regalate agli Stati Uniti da questa 19enne che da almeno quattro anni assume quotidianamente 10 mg di un farmaco proibito che cura i deficit di attenzione e iperattività (Adhd) nei bambini e che lei assume con una speciale autorizzazione della Federazione di ginnastica.
La notizia è trapelata ieri grazie a un furto informatico: durante i Giochi un gruppo di hacker ha svuotato la cassaforte virtuale dell’Agenzia Mondiale Antidoping (Wada). Nei forzieri di Montreal c’erano i segreti farmacologici dei più importanti atleti del mondo, carpiti dagli hacker di Tsar Team alias Apt28 che ieri hanno cominciato a renderli pubblici rivelando verità in parte già note ma comunque scioccanti: molte stelle dello sport assumono medicinali proibiti in dosi massicce con l’avvallo delle Federazioni internazionali. Tsar Team – pirati russi che utilizzano server polacchi – ha puntato subito agli Stati Uniti in prima fila nel voler escludere la Russia dallo sport dopo lo scandalo del laboratorio di Mosca. Ed ecco svergognata la star dei Giochi, Simon Biles. Sul sito degli hacker spuntano (su carta intestata Wada) le «autorizzazioni terapeutiche» con cui – da quando aveva 15 anni – Biles può utilizzare quotidianamente i potenti stimolanti anfetaminici che hanno anche forti effetti nello stimolare la performance sportiva e cognitiva, tanto da essere divenuti una droga sociale nei college Usa. La Federazione (con firma di Mariela Sirakova, commissario medico) ritiene prevalenti le necessità di cura rispetto agli evidenti effetti dopanti, certifica che non esistono medicine non proibite equivalenti e concede alla star americana di usare il prodotto anche in gara. Decisione clamorosa perché Simone non è una studentessa che fatica sui banchi di scuola ma una ragazza che si allena per otto ore al giorno in palestra e a cui il Ritalin o il Focalin producono un evidente miglioramento della prestazione.
Come certificano i documenti trafugati alla Wada, Biles non si è fatta pregare per utilizzare il Focalin: tutti gli esami antidoping sulle urine della ginnasta raccolte a Rio evidenziano una positività al metilfenidato (il principio attivo) e tutti sono stati annullati dalla Wada per la presenza dell’autorizzazione terapeutica (TUE). Dura la reazione di Vanessa Ferrari, quarta nel corpo libero a Rio: «Non so cosa sia successo, so tutta la fatica che ho fatto per essere lì con un tendine semi-distrutto. Per curarlo ho utilizzato solo sostanze consentite e non ho mai richiesto esenzioni a fini terapeutici». Biles non è l’unico bersaglio di Tsar Team che ha pubblicato le autorizzazioni all’uso di oppioidi e corticosteroidi da parte della tennista Serena Williams (per periodi più limitati) e di potenti antidolorifici per la stella del basket femminile Elena Delle Donne. Durissima la reazione dell’agenzia antidoping americana che ha parlato di «aggressione codarda ad atleti perfettamente in regola» mentre la Wada ha definito «atto criminale» l’hackeraggio russo promettendo un rafforzamento della sicurezza.
Resta il problema centrale: l’abuso di autorizzazioni terapeutiche. Per i casi come quello della Biles, la Wada ha un rigoroso protocollo: l’uso di anfetamine negli atleti Adhd è concesso solo se è documentata una lunga e pesante storia clinica che comporta all’atleta una «capacità funzionale e di comportamento non coerente con la sua età» e pesantemente penalizzante dal punto di vista sociale. Forse più che la Biles (che pure ha avuto un’infanzia difficile) il problema riguarda la ginnastica artistica e i suoi meccanismi di reclutamento e formazione.