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 2016  settembre 14 Mercoledì calendario

Il clan Fasciani di Ostia è stato assolto dall’accusa di associazione mafiosa

Erano «uomini di rispetto», un’organizzazione criminale con un capo riconosciuto e capace di incutere timore. Ma non si possono definire mafiosi, perché «difetta la prova della pervasività del potere coercitivo del gruppo». Così ha deciso la corte d’appello che hanno assolto il «clan Fasciani» di Ostia dall’accusa di associazione mafiosa, con un verdetto che ribalta quello di primo grado e allunga un’ombra sul processo in corso alla banda ribattezzata «Mafia Capitale».
Il punto di contatto è il collegio dei giudici: il tribunale che confermò l’imputazione originaria contro i Fasciani è lo stesso che sta conducendo il dibattimento a carico di Massimo Carminati, Salvatore Buzzi e soci; ora che sono note le motivazioni con cui i magistrati di secondo grado hanno sconfessato la decisione su Ostia, cambierà metro di valutazione o seguirà la stessa strada, col rischio di un’altra bocciatura? Il ragionamento seguito nella sentenza d’appello va incontro alle tesi difensive degli imputati del «Mondo di mezzo». Soprattutto laddove si sostiene che nonostante il boss garantisse «il rispetto del gruppo su tutto il territorio» e imponesse la propria volontà intimorendo le persone, lo «stato di soggezione» registrato in più episodi può derivare da cause e situazioni diverse l’una dall’altra. Ne consegue che «non risulta sufficientemente provato il diffuso clima di intimidazione e i conseguenti “stato di assoggettamento e condizione di omertà” propri del metodo mafioso». Conclusione che però sembra frutto della «parcellizzazione» dei singoli indizi, valutati ciascuno singolarmente e non nel loro complesso. Lasciando aperto uno spiraglio al ricorso in Cassazione contro questa sentenza (peraltro contraria a quelle già definitiva che, nel giudizio abbreviato contro altri imputati, aveva invece riconosciuto l’esistenza dell’associazione mafiosa a Ostia). Ma prima dell’ultimo verdetto sui Fasciani dovrebbe arrivare quello su Carminati e presunti complici, più atteso e forse persino più complicato. Della «mafia di Roma» insomma, se esiste davvero o è soltanto una costruzione della Procura, si discuterà ancora. Nelle aule di tribunale, e non solo.