Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  settembre 14 Mercoledì calendario

L’uso politico delle commemorazioni

Sono rimasto piuttosto stupito che negli scorsi giorni il Corriere non abbia dedicato riga alcuna all’armistizio dell’8 settembre del 1943, armistizio chiesto dall’allora capo del governo, Pietro Badoglio, al generale Dwight D. Eisenhower. Mi rivolgo a lei per comprendere le motivazioni di un tale disimpegno da parte, appunto, del Corriere.
Renzo Andreoli
 
Caro Andreoli,
Gli eventi importanti (una guerra vinta, una tragica sconfitta, una drammatica catastrofe naturale) vengono generalmente commemorati nelle date «tonde». Celebriamo i decennali, i cinquantennali, i centennali; ma evitiamo di appesantire il calendario nazionale con troppe ricorrenze che perdono, con il passare del tempo, una buona parte della loro originaria risonanza.
Le eccezioni vengono fatte quando la memoria di un evento serve a raggiungere uno scopo attuale. New York non avrebbe solennemente ricordato il quindicesimo anniversario dell’attentato alle Torri gemelle se le autorità americane non avessero voluto fare sapere allo Stato Islamico e ad altre organizzazioni terroristiche che gli Stati Uniti non hanno dimenticato l’affronto subito l’11 settembre 2001 e sono pronti a difendere con ogni mezzo la loro sicurezza. I catalani non sarebbero scesi in piazza per ricordare la caduta di Barcellona l’11 settembre del 1714, di fronte alle truppe di Filippo V di Borbone re di Spagna e di Navarra, se non avessero voluto cogliere l’occasione per ribadire il loro desiderio d’indipendenza. I cileni non avrebbero organizzato una grande manifestazione l’8 settembre (tre giorni prima del 43° anniversario del golpe che rovesciò il governo di Salvador Allende e ne provocò la morte) se non avessero voluto avanzare rivendicazioni sociali in un momento in cui il governo di sinistra è diviso e l’opposizione di destra potrebbe tornare al potere.
Non vi è commemorazione quindi che non abbia un obiettivo politico, nel senso più largo della parola. Esistono particolari motivi per cui dovremmo ricordare oggi l’8 settembre 1943, una delle date più infauste del calendario nazionale? Dovremmo farlo se nuove rivelazioni ci costringessero a rivedere le versioni tradizionali dell’evento. Ma sulla storia di quella tragica vicenda esiste ormai una sterminata letteratura composta dalle memorie di coloro che ne furono protagonisti e dalle ricostruzioni di innumerevoli studiosi. L’opera migliore è probabilmente quella di Elena Aga Rossi: Una nazione allo sbando. L’armistizio italiano del settembre 1943 e le sue conseguenze, pubblicata dal Mulino nel 1993.