La Gazzetta dello Sport, 14 settembre 2016
L’ambasciatore americano a Roma si chiama John Phillips e ieri ha dato scandalo appoggiando esplicitamente Renzi e il Sì al referendum costituzionale

L’ambasciatore americano a Roma si chiama John Phillips e ieri ha dato scandalo appoggiando esplicitamente Renzi e il Sì al referendum costituzionale. Parlava durante un incontro dedicato alle relazioni transatlantiche (cioè tra i paesi che stanno al di qua e al di là del mare Atlantico) e a un certo punto ha detto: «Il No al referendum sulla riforma costituzionale sarebbe un passo indietro per gli investimenti stranieri in Italia. Il referendum è una decisione italiana» ma il Paese «deve garantire stabilità politica. Sessantatrè governi in 63 anni non danno garanzia». Il voto sulle riforme costituzionali «offre una speranza sulla stabilità di governo per attrarre gli investitori che stanno osservando quanto avviene in Italia». Bersani, nemico piddino di Renzi, s’è molto arrabbiato («cose da non credere, per chi ci prendono?»), ma i vertici europei di Fitch hanno dato ragione all’ambasciatore. Edward Parker, responsabile rating sovrani per Europa e Medio Oriente dell’agenzia, ha detto: «Ogni turbolenza politica o problemi nel settore bancario che si possano ripercuotere sull’economia reale o sul debito pubblico, potrebbero portare a un intervento negativo sul rating dell’Italia. Se prevalesse il No, lo vedremmo come uno shock negativo per l’economia e il merito di credito italiano». Fitch è una delle tre agenzie (con Standard & Poor’s e Morgan Stanley) che assegna un voto ai debiti di Paesi e grandi aziende, cioè giudica le probabilità che i soldi presi in prestito non vengano restituiti. A molti investitori nel mondo è impedito di comprare titoli del debito di aziende o Stati che abbiano un voto troppo basso.
• Intanto voglio sapere come mai il referendum costituzionale, di cui mi pare non sappiamo neanche la data, è così importante da aver smosso l’ambasciatore americano e l’agenzia Fitch.
Voteremo alla fine di novembre o ai primi di dicembre. Dovremo dire, con un Sì o con un No, se siamo d’accordo sulla riforma costituzionale voluta da Renzi, che, tra l’altro, depotenzia fortemente il Senato. Se vincerà il No, il premier dovrà dimettersi, forse sarà reincaricato e forse no, in ogni caso dovrà varare una nuova legge elettorale che impedisca di avere una certa maggioranza alla Camera e una maggioranza completamente diversa al Senato. Questi elementi garantiscono un periodo di forte instabilità, con sbocchi politici sconosciuti. Ciò che i mercati più detestano. Sia la dichiarazione di Phillips che quella di Parker fanno infatti riferimento al versante finanziario del problema. Chi verrà mai a investire in un paese senza governo o senza un governo capace di decidere? Non è un caso se anche l’aumento di capitale del Monte dei Paschi di Siena, garantito da una banca straniera, cioè JP Morgan, è stato spostato a dopo il referendum.
• L’ambasciatore Phillips potrebbe aver parlato a titolo personale o ha espresso l’opinione della Casa Bianca?
Escludo che Phillips, un avvocato californiano molto ricco, abbia parlato a titolo personale. È un obamiano di ferro, che ha finanziato la campagna elettorale dell’attuale presidente raccogliendo fondi per 300-500 milioni di dollari. La moglie, Linda Douglass, è uno dei consiglieri di Barack ed è stata responsabile della comunicazione per la riforma sanitaria di Obama. Quindi, le parole di Phillips sono le parole di Obama. Che non nasconde le sue simpatie per Renzi: ha invitato a una «cena di stato» il nostro presidente del Consiglio per il prossimo 18 ottobre. Phillips ha sottolineato che questo invito è «uno dei massimi riconoscimenti dell’importanza delle relazioni bilaterali tra Roma e Washington».
• Come giudicare le proteste di Bersani e, con Bersani, di Brunetta, la Meloni, Gasparri, Salvini, Matteoli e forse mi dimentico qualcuno?
Si tratta di poveretti che fanno finta di non sapere che un paese col nostro debito rappresenta un problema mondiale e che è inevitabile la preoccupazione internazionale intorno a quello che facciamo, dato che siamo notoriamente inefficienti e corrotti, non cresciamo, abbiamo una scuola che fa pena e viviamo al di sopra dei nostri mezzi. Del resto, Phillips ha detto anche poco. Si ricorda di Spogli?
• Chi?
L’italo-americano Ronald Spogli, che fu ambasciatore degli Stati Uniti al tempo del governo Prodi e poi ancora fino al 2009. Andandosene, salutò i giornalisti con una lettera-appello in cui scriveva: «Italia, non potrai mantenere il tuo status di potenza economica se i tuoi risultati rimarranno così bassi, se la tua università continua ad essere una tragedia nazionale, se non ti darai un piano energetico nazionale che possa essere realizzato senza tener conto dei cambi di governo [...] L’Italia si colloca ripetutamente molto in basso nelle classifiche internazionali sulle condizioni per fare business e investire». Parole che sembrano di oggi.
• Bersani o il Partito democratico quella volta protestò?
Ma no. Al governo c’era Berlusconi. La lavata di capo si poteva considerare diretta a lui.