Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  settembre 13 Martedì calendario

Un francese salverà Atene. Si chiama Le Pape e guiderà il Fondo incaricato di vendere 50 mld di asset pubblici per ridurre il debito greco

È lui il garante francese della Carta di Atene, il documento firmato la settimana scorsa dal presidente François Hollande (ma anche dal nostro Matteo Renzi, dal rappresentante spagnolo e dal premier maltese) con cui i paesi euromediterranei provano per la prima volta a dire no alla politica di cieca austerità imposta dalla Germania (forte dei suoi 300 miliardi di attivo della bilancia commerciale) a tutta l’Unione europea.
Si chiama Jacques Le Pape, un bretone di cinquant’anni, nato a Pont-l’Abbé, nel dipartimento atlantico del Finistère, che ha studiato a Parigi all’Ens, la prestigiosa École Normale Supérieure, e ha fatto tutta la carriera da grand commis negli uffici di Bercy, la sede del ministero dell’economia, dove ha incontrato prima, nel 2005, il ministro Thierry Breton (terzo governo Raffarin, presidente Sarkozy) diventandone consigliere, e poi, nel 2007, Christine Lagarde (oggi alla guida del Fondo monetario) diventandone l’uomo di fiducia, l’efficientissimo capo di gabinetto.

Monsieur Le Pape, il cui ultimo incarico è stato quello di segretario generale di Air France, fino alle dimissioni, la primavera scorsa, del pdg Alexandre de Juniac (a riprova del continuo interscambio manageriale all’interno di un sistema economico ancora fortemente statalista), oggi guida l’Hypertamio, il fondo pubblico greco controllato dallo stato che ha un unico compito: vendere nei prossimi anni almeno una cinquantina di miliardi di partecipazioni pubbliche, dal gas alle miniere ai siti archeologici, per risanare il bilancio e riportare il debito a livelli accettabili (attualmente è al 176% del pil, il più alto al mondo, seguito solo dall’Italia, che sfiorerà il 134% alla fine del 2016).

Perché è lui, questo francesissimo ex ispettore delle finanze, appassionato dell’opera lirica italiana, il garante della Carta di Atene? Per una ragione molto semplice, che lo stesso Hollande ha confermato al premier Alexis Tsipras a margine dell’intervista congiunta rilasciata a Vista, la tv pubblica greca (anch’essa a rischio chiusura nei giorni caldi della crisi e salvata in extremis): dato lo scenario dell’Eurozona, oggi è meglio avere un francese al posto di un funzionario tedesco o di un olandese, come avrebbe voluto la Merkel, alla guida del Fondo pubblico per le privatizzazioni che, massimo oltraggio per la Grecia, Bruxelles aveva pensato, in un primo tempo, di impiantare in Lussemburgo.

Tsipras ha gradito e ha, a sua volta, assicurato al presidente francese che Le Pape avrà mano libera non appena si saranno insediati gli altri quattro membri del board del Fondo Hypertamio, tre greci e uno spagnolo, la cui candidatura è ferma a Bruxelles, come ha anticipato il quotidiano ateniese Kathimerini.


Insomma, Atene non vuole né tedeschi né olandesi né altri «commissari» dal Nord Europa.

Anzi, è proprio la presenza di un francese, che ha cominciato ad applicare al Fondo Hypertamio le stesse regole di governance dell’Ape, l’Agence des participations d’État, la finanziaria di Bercy che controlla le partecipazioni dello stato francese (un po’ come il nostro vecchio Iri), la migliore garanzia che il processo di privatizzazione degli asset pubblici, vero sottostante finanziario del salvataggio da 87 miliardi di euro deciso quattordici mesi fa a Bruxelles, potrà andare avanti speditamente e con la relativa sicurezza di recuperare i 50 miliardi di euro indispensabili per la messa in sicurezza del paese.

Questo vuol dire, come ha scritto un analista molto ascoltato, Andreas Drimiotis, che lavora per CardinalCommerce, una società di consulenza finanziaria, che non si perderà tempo e non si metteranno i bastoni tra le ruote ai potenziali investitori.


Per fare qualche esempio, non si aspetterà un anno prima di firmare la cessione del porto del Pireo ai cinesi di Cosco e non si classificherà come sito archeologico il vecchio aeroporto di Atene due mesi dopo la vendita alla società immobiliare greca Lambda Development, che ora sta cercando di sfilarsi, vista l’impossibilità di costruire su un’ampia fascia di terreno.

Insomma, monsieur Le Pape cercherà di non far fuggire i futuri acquirenti com’è successo, l’anno scorso, con la compagnia energetica Azeris de Socar (Azerbaijan) interessata alla rete distributiva del gas naturale e, com’è successo alla canadese Eldorado Gold, interessata alle miniere d’oro del Nord del aese ma bloccata da una rigida normativa antinquinamento.

Incidenti e ritardi a parte, la lista dei beni da piazzare è lunghissima. Si va dall’acquedotto di Atene e di Salonicco alla metropolitana della capitale, dalle Poste alle società elettriche, dai trasporti pubblici (solo la compagnia ferroviaria Trainose è stata ceduta alle Ferrovie dello Stato italiane) agli stadi e agli impianti sportivi costruiti per le Olimpiadi del 1986 che, probabilmente, sono stati tra le cause dell’attuale default. Senza dimenticare i siti archeologici, una risorsa incommensurabile se venissero attrezzati e gestiti come si conviene (un solo esempio: il sito di Olimpia non è neanche illuminato). Tutto in mano a un ex ispettore delle finanze francese che non deve deludere il suo presidente alla vigilia delle elezioni.