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 2016  settembre 13 Martedì calendario

Dopo più di venti anni, Alain de Botton torna a parlar d’amore. Ma questa volta un po’ meno romantico

Dopo più di venti anni, Alain de Botton replica sapendo che d’amore non si muore, ma con l’amore è subito best-seller. Come nel 1994, quando con Esercizi d’amore quel quasi ragazzo svizzero di educazione inglese, con un viso angelicato da giovane poeta, costruì un Va dove ti porta il cuore della fenomenologia amorosa, una storia sentimentale giovanile e volubile, un po’ saggio sul gulag domestico un po’ catalogo di etichette da apporre ai fremiti del cuore. Amare, capire, filosofare questa la ricetta e poi, nel 2016, ancora amare, capire, filosofare con Il corso dell’amore che esce in questi giorni da Guanda. 
Ancora il racconto di una storia d’amore, della anzi fase più complessa e inestricabile che segue l’innamoramento con istruzioni incorporate, cioè considerazioni illuminanti su come sia possibile imparare di nuovo ad amarsi, di un amore più razionale e meno romantico. Tornano a parlare di bronci, coccole, litigi, rotture e carezze lo scrittore leggero e il filosofo prestato al self-help, in grado entrambi, cambiando maschera con riflessi ben addestrati, di offrire corsi e suggerimenti su tutte le cose importanti della vita, carriere, viaggi, politica, rapporti sociali. De Botton, che ha presentato ieri il libro a Mantova, illustra sentimenti e conflitti della sua nuova coppia sotto la lente della fabula letteraria con annesso dispositivo di pronto di SOS filosofico, per restituire verità ai meccanismi che legano i coniugi e li fanno scontrare alle prese con le grandi gioie della genitorialità, ma anche con le continue discussioni per piccole cose, le delusioni, le attese non corrisposte, i tradimenti. E spiega subito a chi lo interroga che Rabin e Kirsten, la mia coppia, non sono per nulla prevedibili, semmai sono identificabili e universali per ogni coppia i problemi che hanno: le tensioni in camera, i nodi che si avvolgono intorno all’infanzia, l’impatto del lavoro sulla qualità.
Perché dopo più di venti anni ha scritto un altro libro sull’amore nella forma di un romanzo con annesse istruzioni per l’uso di natura filosofica?
«Le idee dell’amore che troviamo nei romanzi non sono utili nella vita quotidiana. Se le persone in un rapporto devono affrontare problemi, non significa che la storia debba finire per forza. Significa che stanno vivendo una vita normale».
Che cosa vorrebbe che i lettori ricavassero da questo corso d’amore per la buona manutenzione dei sentimenti o comunque per conoscerli meglio?
«Il mio libro è una sorta di attacco alla visione romantica. Che suggerisce di non parlare per far funzionare bene una relazione. Ma le parole sono fondamentali in una vita di coppia. Non basta l’intuizione o uno scambio di sguardi».
Lei vuole raccontare e analizzare non solo la meraviglia e il disastro, ma ciò che c’è in mezzo tra le giornate di sole e il tutto grigio?
«Viviamo in una società in cui le storie sono focalizzate o sull’inizio o sulla fine di un rapporto. Si dimenticano i rapporti a lungo termine che possono avere una fine forse dolorosa ma che non corrispondono all’estasi che s’immagina quando ci si trova in un rapporto. Per questo ho voluto analizzare aspetti quotidiani che fanno parte della vita amorosa di una persona. Per esempio: chi fa il bucato oggi?»
La persona giusta non esiste, ogni persona è sbagliata, Internet ha moltiplicando all’infinito i rapporti e le occasioni, ha complicato la situazione?
«La più evidente complicazione, una falsa percezione, è questa: che non siamo noi a essere sbagliati in un rapporto, ma l’altra persona. Cioè ha reso facile sostituire le altre persone con un modello migliore che però non esiste. Il problema non sono le altre persone, ma la persona con cui stiamo. Nessuna persona è perfetta e ognuno di noi è sbagliato in qualche modo».
Viviamo in un’epoca postmatrimoniale e anche le regole sociali dovrebbero adeguarsi a questo nuovo regime?
«Nel 19mo secolo eravamo guidati al matrimonio, c’erano le unioni combinate. Poi siamo passati al matrimonio romantico, erano importanti le emozioni, i sentimenti. Ma emozioni e sentimenti non sono sufficienti, una volta su due i matrimoni falliscono con una media molto alta. Ci si deve adattare al matrimonio della psicologia, i sentimenti sono importanti, ma l’amore è anche una capacità, un’abilità che dobbiamo imparare a perfezionare». 
In forma di messaggino qualche consiglio da seguire e qualche errore da evitare.
«Gli aforismi semplici e brevi aiutano la nostra memoria. Vediamo un po’. Noi pensiamo che le persone che non conosciamo siano più normali di quelle che conosciamo: ma questo è dovuto al fatto che non le conosciamo. Non dobbiamo pensare che gli altri siano normali, in ognuno di noi c’è una sorta di follia. Bisogna comunicare, parlare chiaramente: solo i bambini pensano che i loro genitori possano leggere nella loro mente. Spiegare è importante, anche se noioso. Un altro elemento importante è il pessimismo: ognuno di noi porta con sé traumi e ferite, comprenderli è essenziale per essere più comprensivi verso la follia dell’altra persona».
A distanza di venti anni da quel suo primo libro sull’amore pensa di saperne sul tema un po’ di più o comunque di non saperne più di prima?
«L’argomento non è mai esaurito, chiuso. Ora mi sono concentrato sull’amore maturo, a lungo termine. Comunque ne so più di più, sicuramente. Ma c’è sempre un di più da imparare. Che magari riservo a un prossimo libro, tra vent’anni, analizzando l’ultima fase dell’amore».