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 2016  settembre 13 Martedì calendario

«Poveri giornalisti, mi fate un po’ pena. Passate tutta la vita ad aspettare che qualcuno inciampi». Lo sfogo di Virgina contro la Stampa

Una delle prerogative dei grillini è di pensare che tutto quanto è successo prima del loro arrivo, in realtà non è mai successo. E infatti ieri mattina la sindaca di Roma, Virginia Raggi, ha perso le staffe con giornalisti e fotografi accampati sotto casa considerando la cura un’esclusiva a lei dedicata: con un post su Facebook, forse poco meditato, Raggi ha dato il «buongiorno a quei poveri giornalisti che aspettano ore e ore sotto casa mia», ragazzi che le «fanno un po’ pena». Tutti partecipi del grande complotto, e dunque la domanda, un po’ sarcastica, era: «Cosa vi hanno ordinato di “catturare” oggi? Un dito nel naso, i capelli fuori posto?». È seguito un secondo post, con immagini della piccola folla arrabbiata per il trattamento ricevuto, e girate dalla stessa sindaca, nel quale si spiegavano le ragioni dell’iniziativa: «La trasparenza è anche questa: che le persone sappiano come fate vivere non tanto me, ma mio figlio (che non ha alcuna responsabilità in questa follia che state creando)». E subito è venuto in mente l’esordio del bimbo in questa complicata avventura, nel giorno dell’insediamento, quando Raggi lo portò con sé e lo esibì alle telecamere dallo scranno di primo cittadino. È un’obiezione, questa, che si è trascurato di sottoporre al social, raramente luogo dell’approfondimento riflessivo. Né si sono chiesti dettagli sul supremo valore della trasparenza, sostenuto dai cinque stelle con andamento che talvolta sembra un po’ rapsodico. Fra l’altro, si restava rapiti dai commenti dei sostenitori di Raggi – interessanti spunti per i giornalisti a proposito dell’opinione che parte del paese ha di loro. Qualcuno suggeriva l’uso di mazzafionde o, più gentilmente, di pompe dell’acqua, chi di cospargere il drappello sottostante di rifiuti – munizioni di cui a Roma ci sono autentici arsenali, del resto. E poi «pennivendoli», «impostori», «squallidi uomini», «delatori di regime», «nemici della democrazia» contro i quali andrebbe esercitato il «massimo rigore». Niente di eccezionale: è un esercizio della critica a cui la categoria – non sempre innocente, sia chiaro – è sottoposta da decenni.
L’aspetto più stupefacente è che Raggi e fan sono assolutamente persuasi che la tecnica dell’appostamento sia stata inaugurata in questi mesi. Ma tutti ricorderanno, senza tornare alla preistoria, i baraccamenti sotto il Raphael aspettando Bettino Craxi, né Matteo Renzi oggi può circolare così indisturbato. I cronisti hanno trascorso le estati a Ponte di Legno aspettando che Umberto Bossi si affacciasse al balcone, o scendesse in canottiera per fare due chiacchiere: e infatti scendeva. Mario Monti non poteva entrare o uscire dall’hotel Forum senza avere a che fare con l’eterna scocciatura, ma era sveglio e se la cavava parlando del tempo: «Che bel cielo azzurro!». Gianfranco Fini è stato inseguito fin nell’acque di Giannutri mentre si faceva i fatti suoi con la fidanzata, Maria Elena Boschi è stata valutata nelle pieghe del costume da bagno e si sta citando alla rinfusa giusto per arrivare a Silvio Berlusconi: le sue vacanze a Porto Cervo erano in condivisione con la stampa e un fotografo si appostò sulle colline e colse con l’obiettivo le intimità del premier ceco Mirek Topolànek. Forse si potrebbe riconsiderare questo modo di fare giornalismo, e lo voleva Berlusconi, quando scendeva sotto casa, in via del Plebiscito, e diceva ai cronisti: «Non ce l’ho con voi, però ditelo ai vostri direttori che stare qui non serve a nulla». Però, qualche volta, Berlusconi apriva i cancelli: se pioveva, perché ci si riparasse sotto il suo portico.