La Stampa, 13 settembre 2016
Bleisure, quando lavoro e piacere si mescolano
A Chiyoda, nel centro di Tokyo, a pochi passi dall’arena Budokan, Hive, l’alveare, è un edificio ibrido. Nel design, un mix di razionalismo occidentale e minimalismo zen: sedie alla Jean Prouvé, foto di ciliegi in fiore, tavolini di cristallo sagomati come celle di api. Ancora di più nella funzione: i sobri spazi di co-working coabitano con suites da seduzione fatale, dove maxi cabine doccia si affacciano sulle alcove attraverso vetrate scorrevoli; terrazze da cocktail fanno da sfogo a sale riunioni adatte a monaci hi-tech. L’«alveare» è un incastro di spazi, dimensioni, tempi diversi. Un po’ ufficio d’avanguardia, un po’ boutique hotel, un po’ club contemporaneo.
Tempi ibridi
Hive è un luogo ibrido per tempi ibridi. In cui l’orario d’ufficio è miscelato all’ora dell’aperitivo, la borsa da viaggio è posata accanto alle buste dello shopping. Questo stile di vita ha già un nome, «bleisure», crasi dei vocaboli inglesi business e leisure, mélange agrodolce di affari e piacere. Una parola che l’Economist ha definito orribile. In italiano suona meglio lavoro ludico. E, brutto o bello che sia come termine, è ormai entrato nel modo in cui le ultime generazioni gestiscono le loro giornate. Tanto da creare una nuova economia di servizi. Ibrida anche questa. «Puntiamo a reinventare il modo in cui la gente vive e lavora» recita la pagina d’introduzione dell’Alveare di Tokyo. Ha appena aperto ma per trovare una scrivania e un letto libero bisogna mettersi in lista d’attesa.
Se all’Hive transitano i vincenti delle flessibilità, chi arranca o azzarda i primi passi nel nuovo lifestyle si accontenta di postazioni al computer in mega-rimesse riadattate a spazi di lavoro comune, con un tavolo da ping pong nel cortile e un bancone per birra e mojitos addossato alla parete. All’elemento ludico non si rinuncia. Come nelle stanze allegramente disordinate di La Cordée, rete francese di coworking per lavoratori nomadi e squattrinati, da Parigi a Lione. Wework, che realizza spazi di lavoro comunitari, è diventata una catena mondiale, valutata dieci miliardi di euro. A Milano, di recente, ha aperto due indirizzi Talent Garden, altro modello che punta sul lavoro frullato con la creatività del gioco. Sono anche a Roma, Barcellona, Tirana, Bucarest. Siti web quali Ofixu e Hubble si propongono come gli airbnb degli uffici. Per affitti brevi. Se una start up cresce veloce cambia locali, magari città e continente.
Non solo coworking
Non si tratta solo di coworking. Riviste patinate come Monocle e The Good Life hanno come target i battitori liberi del bleisure. Lo scorso anno è stato un curioso caso la ristampa di The Abolition of Work, l’abolizione del lavoro, un pamphlet corrosivo del campione della controcultura Bob Black, scritto nel 1985 che contrappone la rigidità del lavoro alla libertà del gioco. Negli anni 2000 l’antitesi ha trovato una singolare sintesi. Su una terrazza di West Hollywood, California. «L’idea è imporre sottigliezza e valori a una comunità che celebrava solo il successo» ha raccontato Tim Geary riguardo al successo della Soho House di Los Angeles, members club che ha sbattuto le porte in faccia a Kim Kardashian. Geary era direttore del comitato di accettazione dei nuovi soci. Ora è passato al dirimpettaio e concorrente Neue House. Entrambe le «case» hanno una terrazza strepitosa. E se nella prima capita di vedere molti soci che lavorano, una mano sul drink, l’altra sulla tastiera del laptop, la seconda è nata, a New York, come comunità di professionisti brillanti, in grado di passare da una conference room a una festa da ballo nel giro di minuti. Entrambe fanno parte di catene in espansione. Alla conquista di un nuovo mondo. La Soho House – partita da Londra – unisce al modello del club quello dell’albergo pop chic, da Miami a Berlino e Istanbul. E i progetti possono nascere a bordo piscina.
Creatività e divertimento
Ma chi mischia lavoro e divertimento, come si prende una pausa? Stiamo passando dall’ozio creativo teorizzato dal sociologo Domenico de Masi allo stakanovismo ludico? Anche le aziende tradizionali si stanno adeguando. «L’idea è che se ti diverti lavorando diventi più creativo. E produttivo» spiega Monica Biagiotti direttore marketing per l’Europa di Mastercard. «Non si tratta solo di inserire il classico tavolo da ping pong o la consolle dei videogiochi, ma di rendere elastici i confini invisibili degli uffici. Di recente ho organizzato dei meeting di lavoro nel mio casale in Maremma. Grafici e ribollita. Un successo. Stiamo passando dall’azienda-famiglia all’azienda-comitiva». Essenziale, per il manager viaggiante, in sosta rapida in una suite dell’Hive o della Soho House è però una tabella con il cronometro. Il tempo è elastico fino a un certo punto. Il rischio è di confondere l’incontro per un contratto con un appuntamento al buio.