Corriere della Sera, 13 settembre 2016
Milano e Torino, due città e un salone del libro
Si ricomincia quasi da capo nella disfida dei saloni del libro. Il ministro per i Beni e le attività culturali Dario Franceschini ieri ha strappato una dichiarazione di intesa «per la costruzione di un unico evento che metta insieme Milano e Torino nelle stesse date, che lavori sulla differenziazione e che punti a un’unica governance». Un’ora e mezza di riunione, intorno al tavolo oltre a Franceschini e alla ministra dell’Istruzione Stefania Giannini c’erano i sindaci di Milano Giuseppe Sala e di Torino Chiara Appendino con l’assessora alla cultura Francesca Leon; il governatore del Piemonte Sergio Chiamparino, con l’assessora Antonella Parigi; l’assessore alla Cultura della Lombardia, Cristina Cappellini; il presidente in pectore della Fondazione per il libro Massimo Bray e Renata Gorgani, presidente della Fabbrica del libro che organizza la Fiera milanese e il presidente dell’Associazione italiana editori Federico Motta. Tutti d’accordo per un’intesa che eviti uno sdoppiamento che non farebbe bene a nessuno, ma adesso toccherà al tavolo tecnico riempirla di contenuti. «È il primo round – ha detto il sindaco di Milano Sala —. La decisione finale e poi l’organizzazione spetterà agli editori».
Motta, nel corso della riunione, ha dichiarato di non voler fare guerre di posizione, ma ha fatto presente che non sarà facile arrivare a un accordo. Come fa capire anche nella nota diffusa al termine della riunione: «Abbiamo condiviso e discusso la proposta del ministro e ci siamo presi del tempo per valutare e trovare una soluzione. La nostra decisione dipenderà dal lavoro che verrà fatto nei prossimi giorni».
La situazione è complicata anche perché si devono rimettere in discussione le date. Il Salone del libro è sempre rimasto fermo sul 18-22 maggio, Milano ha annunciato la settimana scorsa che la nuova fiera sarà dal 19 al 23 aprile. Dover cambiare di nuovo, di certo non fa piacere a Fiera Milano che, su richiesta dell’Aie, aveva riorganizzato il calendario per evitare la sovrapposizione con Torino della nuova iniziativa, anch’essa inizialmente prevista a maggio.
Giovedì a Roma si riuniscono i quattro rappresentanti del tavolo tecnico: Massimo Bray per la Fondazione torinese, Renata Gorgani per la Fabbrica milanese e i rappresentanti dei ministeri della Cultura Rossana Rummo e dell’Istruzione Arnaldo Colasanti. Martedì 20 tutti di nuovo dal ministro per verificare «il lavoro degli sherpa».
La prima grande questione che il gruppo di lavoro dovrà affrontare è come costruire una governance che in termini giuridici metta insieme una fondazione pubblica come quella torinese e una società privata come la Fabbrica del Libro (costituita da Fiera Milano al 51% e Aie al 49%). «Credo ci sia un grande equivoco – avverte subito Corrado Peraboni amministratore delegato di Fiera Milano —. Se per governance si intende un coordinamento tra gli eventi e i programmi è un conto, diverso se si intende un governo societario. Fiera Milano è quotata in borsa, abbiamo un piano industriale, dobbiamo rispondere agli azionisti. Si invoca MiTo come esempio, ma qui la situazione è molto diversa, ci sono gli stand ed è chiaro che non possono essere da una parte e dall’altra». Insomma Lingotto e Rho Fiera non possono convivere.
L’altro grande tema che dovrà affrontare il tavolo tecnico è appunto quello: come specializzare i due eventi. Domanda a cui per ora nessuno sa rispondere. Torino è forte dell’appoggio dei ministri, ma da Milano si insiste sul fatto che l’unica differenziazione possibile potrebbe essere tra una fiera commerciale che dovrebbe svolgersi a Rho e una grande rassegna a Torino, un festival diffuso sul modello di BookCity. «Non è un compromesso – ha detto Chiamparino –, ma un’idea molto importante per provare a creare un nuovo evento che promuova la lettura e la diffusione del libro a tutti i livelli nel Paese».
La gestione comune, posto che si arrivi a un vero rapporto sinergico, potrebbe prevedere uno scenario in cui Milano si assumerebbe l’organizzazione anche della parte torinese, grazie all’accordo con Eventualmente, la società che fino allo scorso anno gestiva, per conto del Lingotto, la vendita degli spazi e del rapporto con gli editori. Insomma è tutto da studiare.
Giuseppe Laterza che da sempre ha sostenuto la necessità di una mediazione del ministro per evitare i «due saloncini», è soddisfatto. «Adesso la palla è passata a noi. Mi auguro che Motta consulti anche librai e bibliotecari e che si possa ripartire senza tabù. Tutti, a Milano e a Torino, hanno continuato a ripetere di essere pieni di idee e di progetti. È ora di farlo vedere». Gino Iacobelli di Odei (Osservatorio degli editori indipendenti) che è tra i promotori della neonata Associazione Amici del Salone, a cui hanno aderito 60 editori, è dubbioso: «È ancora tutto troppo vago, non abbiamo ancora visto un progetto. Siamo stati usati come bandiera dalla Fondazione, adesso dobbiamo capire se abbiamo davvero voce in capitolo. Nel frattempo noi andiamo avanti: dal 24 al 26 marzo, al Base di Milano, faremo la terza edizione di BookPride».