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 2016  settembre 13 Martedì calendario

Renzi a caccia di voti tra gli elettori del Movimento e di Forza Italia

Da Luigi Di Maio a Renato Brunetta sono molti gli esponenti politici che ieri hanno bocciato l’apertura di Matteo Renzi sulla revisione dell’Italicum, ma il premier non si tira indietro: «Mi avevano chiesto di dare la mia disponibilità al confronto sulla riforma, di dimostrare di essere democratico, di non decidere tutto da solo, e poi quando io mi dichiaro pronto a discuterne, loro dicono che non va bene? Diciamo che sono quanto meno strani».
«Ma noi – aggiunge il presidente del Consiglio – andremo avanti, faremo i nostri passi, ci confronteremo con tutti e vedremo chi dice sì e chi no sul merito delle cose. L’importante, comunque, era anche sparecchiare il tavolo dagli alibi, separare il referendum dall’Italicum, perché sono due cose distinte. L’elettorato sarà chiamato a votare sulla riforma costituzionale, non su quella elettorale». Già, al premier preme che non vi sia commistione tra questi due argomenti, perché la «confusione» tra ddl Boschi e Italicum potrebbe penalizzare il referendum.
Insomma, prossimamente il segretario del Pd farà delle ulteriori mosse su questo fronte. Anche perché non vi è certezza, nello stato maggiore del partito, su quelle che potranno essere le decisioni della Corte costituzionale. E se la Consulta dovesse sollevare obiezioni sul premio di maggioranza?
Ma intanto è sull’oggi che il premier si concentra. Il che vuol dire occuparsi pure dell’atteggiamento della minoranza interna. Con i suoi, Renzi si è sfogato sul continuo stillicidio di dichiarazioni contro di lui: «Se noi diciamo preferenze, loro dicono collegi uninominali, se noi dicessimo collegi uninominali loro direbbero preferenze... Avevano persino sperato nei “5 stelle” per mettermi in difficoltà ma poi lì è successo quel che è successo e gli è andata male. Comunque la verità è che quelli della minoranza non sono nemmeno d’accordo tra di loro su come riformare questa legge».
Sono queste le considerazioni che hanno spinto il premier, a Catania, a gelare le opposizioni interne e a non fare concessioni: «Mi è stato chiesto di spersonalizzare il referendum e io l’ho fatto. Mi è stato chiesto di assicurare che la legislatura andrà avanti comunque, e io ho detto che si andrà a votare nel 2018. Quindi mi hanno chiesto di aprire ad eventuali modifiche dell’Italicum e io ho fatto anche questo, annunciando che ero pronto a cambiare la legge elettorale. E loro che cosa fanno adesso? Siccome ho tolto tutti gli alibi dietro i quali si trinceravano e devono parlare solo dei contenuti, non sanno dove andare. Ora che bisogna discutere di argomenti sono in difficoltà».
Ma il premier non ha proprio nessuna intenzione di inseguire gli esponenti della minoranza, di farsi tirare nelle «beghe» e nel gioco delle accuse reciproche. E questo anche perché è convinto che l’elettorato del Pd non li segua: «Loro – spiega ai collaboratori – non hanno il partito dietro. Il partito sta con me ed è attestato per la stragrande maggioranza sul Sì al referendum. Non sono quelli i voti che devo recuperare per vincere, io piuttosto devo recuperare i voti dell’elettorato di M5S e di Forza Italia».